La mia missione a Navigandia volge al termine. Domani partiremo. Per quasi tre mesi ho esplorato questo arcipelago girando ogni isola, percorrendo di ognuna quasi ogni sentiero e parlando, per pochi istanti o per serate intere, con quasi tutti gli abitanti di Magda. Navigandia è un mistero. Un territorio duro e misero se guardato dal punto di vista dell’amministratore regio, si è rivelato un mondo ricco a suo modo, e di una bellezza feroce, capace di staccare la testa a un uomo con una sola raffica di vento, e di lasciarlo a vagare con l’anima sul brillare ininterrotto del mare controluce. Potreste pensare, leggendomi, che io sia semplicemente impazzito o che, preda di chissà quale demone, io mi sia messo a esaltare il vuoto, il nulla, il bello vacuo di una natura ostile. In realtà ho solo deciso di dare voce a una specie di nostalgia che ho iniziato a sentire da qualche giorno. Ho potuto constatare che la medesima curiosa nostalgia, prende a volte gli abitanti stessi di Magda. Nostalgia del villaggio che non hanno mai avuto il coraggio di abbandonare. Nostalgia di una natura che pure costantemente vedono all’opera. Nostalgia del mondo là fuori, che in parte hanno visto ma che, soprattutto, ignorano. Quando sta per alzarsi il vento, i vecchi marinai vanno a vedere il mare dall’alto, seguendo i sentieri che escono dai quartieri alti di Magda e si perdono tra le sue rocce. Dicono che serva a capire che tempo farà, e a controllare se a sud di Portua le correnti stanno già procedendo incrociate, costringendo il mare a bollire. Io credo che lo facciano, in verità, per questa specie di nostalgia che li prende. Vorrebbero tornare in mare, io credo. O vorrebbero tornare quelli che erano quando prendevano il mare. Ho fatto strani sogni l’altra notte. La mattina ero stato per l’ultima volta a visitare Phintone, l’isola più orientale del sistema. Il mare dietro di lei sembra infinito, specie se confrontato a quello interno, che si presenta a tratti come un sistema di laghi comunicanti tra loro. Andando via da Phintone, ormai quasi giunto a Magda, mi ero voltato per guardarla un’ultima volta e avevo notato che le sue cime erano scomparse sotto una coltre di nuvole compatta e perfettamente parallela al mare, e ho pensato che sembrava un’isola sopra l’isola. La notte successiva, dopo aver cenato e soggiornato lungamente sulla poppa dell’ “Oceania” ed essermene restato da solo ad ammirare il porto che lentamente si calmava, sono finalmente andato a dormire. Quella notte ho sognato che dalle nuvole sopra Phintone uscivano imbarcazioni di tutte le dimensioni e forme, che scendevano verso il mare e andavano a occuparne ogni anfratto, ogni rada, ogni spiaggia. Dalle imbarcazioni usciva gente di ogni popolo e andava a mischiarsi con gli abitanti di Magda, a fare commerci, a litigare, a mangiare e a bere. La mattina dopo, al risveglio, il porto era lo stesso di sempre. Qualche pescatore rientrava con la barca carica di reti, qualche altro rammendava le sue sulle banchine del porto. La gente di Magda usciva tranquillamente dai vicoli, animava il porto e poi tornava a scomparire negli anfratti che gli fanno corona. Domani partiremo. Nel giro di poche ore Magda si nasconderà dietro l’orizzonte, poi sarà la volta di Phintone, e infine scomparirà Navigandia. Le nuvole sopra Phintone hanno aperto le porte a un cielo velato e appiccicoso. Oggi il nostro segnavento guarda a Libeccio. Dicono che pioverà.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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