Sette giorni di vento ci hanno costretti a una sosta lunga nel porto di Magda, l’isola abitata al centro del sistema insulare di Navigandia.
Pescatori, marinai e certi vecchi capitani a riposo avevano annunciato la tempesta con un anticipo di un giorno e mezzo.
Alcuni di loro, in quei giorni in cui tutti giravamo per il paese e il mare bolliva galoppando tra le isole, mi hanno riferito che per Navigandia si tratta di un fenomeno consueto. A Magda le giornate di vento sono più di duecento l’anno; le tempeste spingono quasi sempre da nordovest e proprio il vento più frequente qui è talmente normale da avere quasi perduto il nome: viene detto, semplicemente, “il vento”. E mi ha meravigliato, nonostante tutto, sentire degli abitanti imprecare contro di esso come si fa coi fastidi accidentali.
Non potendo prendere il mare, per sei giorni ho vissuto in una casa sistemata dal capovillaggio nei vicoli che stanno alle spalle del porto. Per sei giorni ho girato libero per il paese, prendendo per esso quella confidenza che gli uomini prendono per i luoghi, quando questi fanno loro da dimora.
Il giorno prima di riprendere il mare ho riportato il mio alloggio sulla nave Oceania, nella cabina assegnatami. Sistemati i miei effetti, sono uscito in coperta affacciandomi alla murata. Da lì ho guardato il porto e dietro di esso il paese. Nessuno dei due mi era più familiare. Le stesse vie che avevo percorse per giorni, le pareti che avevo guardato innumerevoli volte, le persone che a tratti mi sembrava di distinguere nei vari punti del porto in cui per giorni le avevo incontrate, nulla e nessuno mi suscitava più la familiarità che mi sarei aspettato, se non facendo ricorso al raziocinio consapevole. La prima impressione invece, quella formata nell’animo col solo filtro degli occhi, era di trovarmi in un posto nuovo.
Basta così poco dunque -ho pensato- per vedere un’isola come un altro essere? È sufficiente uscirne e guardarla dal mare, anche da breve distanza?
Quando torneremo a terra indagherò presso gli indigeni, per capire la loro idea nel merito. Capiterà anche a loro di uscire da Magda per andare altrove. Capiterà anche a loro di salire su una barca nel porto di Magda, e di guardare il porto e il paese come ho fatto io.
Non è detto che mi sapranno rispondere. È possibile che la lunga abitudine abbia reso ormai impossibile a molti di vedere la loro dimora con occhi diversi. E d’altra parte, guardare un’isola dall’esterno non mostra nulla di essenziale, ma solo rende coscienti della differenza tra quella e il resto del mondo.
Viceversa, a restare imprigionati da un’isola, è questa la mia impressione, la si elegge alla fine come luogo assoluto, poiché il mare intorno, naturalmente, porta a dividere tra un qui e un altrove, un dentro e un fuori, un lontano e un vicino. E così, anche le altre isole del sistema, finiscono con l’apparire lontane.
Nota: parlando con gli abitanti ho riscontrato un fatto curioso. Nel raccontare di usanze, tradizioni e storie di mare, non usano mai il termine “noi” e anzi, quando qualcuno di loro parla della propria gente, usa preferibilmente il pronome “essi” (Continua)
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design