In queste ore molti si stanno chiedendo come sia stato possibile il boom della Lega in Sardegna. Come sia stato possibile che un partito che da sempre insulta i meridionali e i sardi, abbia ottenuto una esplosione pari al 12 per cento dei voti, senza che vi fossero, negli anni precedenti, delle avvisaglie. Segni tuttavia raccolti dai dirigenti del Psd’Az, a conferma della loro storica natura opportunistica, dai tempi dei sardofascisti del ventennio alla bandiera sarda regalata a Berlusconi alcuni anni fa. Ma trascurando le miserie della peggiore politica, alla quale si fa fatica ad abituarsi, resta quel dato che amareggia tutti i sardi coscienziosi. La Lega è l’espressione di quella borghesia nordista che da sempre, storicamente, ha rappresentato il centro del paese, a discapito della periferia, rappresentata dal Sud e dalle Isole. Il caso più emblematico è quello dei benefici agli allevatori padani, a fronte delle bastonate che un ministero dell’interno leghista riservò ai pastori sardi in protesta a Civitavecchia. Questa sorta di sindrome di Stoccolma di una parte sardi nei confronti dei loro storici carnefici appare ancora di più incomprensibile se si pensa che era in campo una formazione politica, Autodeterminatzione, che per la prima volta univa la stragrande maggioranza delle sigle indipendentiste e autonomiste. Una operazione auspicata da tempo, non solo dagli indipendentisti, ma anche da tutti coloro che ritengono importante che vi sia nella politica sarda un polo identitario forte. Il “Carrabuso” era esito di un processo che ha portato alla nascita di associazioni culturali nuove e di partiti di lungo corso con personalità ormai da tempo impegnate nella causa, con un programma incentrato sui temi caldi del sardismo storico, dalla riduzione delle servitù militari al rilancio dell’economia e dell’occupazione fondata sulle autentiche risorse dell’isola, eccetera. Eppure il risultato ottenuto è davvero sconfortante, fermatosi sotto la soglia del 3 per cento. Certo questo dato si potrebbe analizzare legandolo all’imprevedibilità dei flussi elettorali e alla contingenza del momento. E magari un po’ di autocritica non guasterebbe, in certi frangenti, che non è sempre colpa del resto del mondo. Tuttavia resta il fatto che l’enorme flusso di elettori scontenti che fuggivano dal PD e dal centrosinistra, oltre a confluire come prevedibile nel M5S, è stato intercettato dalla Lega, ma non dal Carrabuso. Il boom della Lega in Sardegna, perciò, alla luce di quanto detto, risulta ancora più incomprensibile all’analisi dei politologi esperti. Se non si voleva localizzare troppo il voto, perché preferire la Lega, partito storicamente localizzato nella “Padania”, ad un partito sardista? Però io vorrei tentare di capirlo lo stesso, questo fenomeno, perché mi sembra importante. Perché una cosa è il voto di destra, o di sinistra, o di protesta, una cosa è votare chi da sempre ti sfrutta, ti inganna, ti insulta e ti sputa in faccia. Qualcosa non torna, insomma. Oggi i flussi elettorali sono diventati imprevedibili. Sembra di assistere ad un mutamento nella natura degli elettori, che ora è molto più variabile. L’elettore oggi spazia e salta da una formazione politica ad un’altra, a seconda dei candidati presentati e delle circostanze. Tuttavia, questa imprevedibilità, da sola, non spiega il fenomeno contingente. Credo infatti che questo spostamento di voti possa essere compreso solo se consideriamo l’intima natura delle scelte elettorali, non solo in Sardegna, ma a livello più generale, italiano e nel moderno mondo occidentale. Tendenzialmente i partiti di destra cercano un consenso di natura che io definisco “antropologica”, mentre i partiti di sinistra tendono ad un consenso maggiormente “sociologico”. Mentre la destra punta a comunicare con l’elettore prevalentemente su un piano ancestrale, sugli istinti di base, sulla “pancia”, quello di sinistra punta a comunicare invece ad un elettore prevalentemente sul piano della struttura sociale, culturale ed ideologica. In questi anni di grande incertezza a livello internazionale, con una struttura sociale a cui è stata imposta una sorta di “dittatura del quotidiano”, in cui ogni giorno è una lotta contro il tempo, e in cui la crisi economica è stata scaricata sul ceto medio, lasciando intatta la classe più elevata della società grazie ad una complicità con la classe politica, il senso di disorientamento popolare è stato manipolato. Una vera opera di destrutturazione psicologica di massa dove il pensiero riflessivo è stato intaccato dal precariato e da una generale sensazione di incertezza, una sorta di continuo affanno, e dove il conflitto sociale è stato deviato verso gli ultimi. In pratica, se la rivendicazione prima passava attraverso il confronto dialettico tra classi dirigenti e popolazione, oggi non è più così. La classe dirigente si è dovuta travestire da “alternativa”, per cui emerge solo chi finge di essere “non” politico, “antipolitico”, “rottamatore” finché il gioco non viene smascherato. Non è un gioco infatti che può durare per molti anni, questo travestimento. A proposito dell’elezione di Trump, ebbi modo di scrivere che “Oltre a presentarsi come uno del popolo, il candidato che vuole convincere l’elettore di non essere un nemico, di non essere un oligarca della casta, opera un’altra manipolazione, lo “spostamento”. La colpa della vostra situazione, sapete, non è “nostra”, ma loro. Ma loro chi? Come chi? Ma i messicani, i cinesi, gli extracomunitari, i negri, gli immigrati, gli zingari. Non dovete guardare in alto, per cercare il colpevole, ma in basso. La colpa non è di una classe politica e di un potere finanziario che ha mantenuto tutti i suoi privilegi, ma è di quelli lì, degli estranei, dei diversi. Io non sono razzista ma. … Ed ecco che l’inganno si compie. La gente sfoga la sua rabbia nei confronti di quelli ancora più poveri e disgraziati di loro, e vota quelli che appaiono come uno di loro, che manifestano gli stessi fastidi e le stesse paure, che si atteggiano ad antipolitica, a non-partito con un non-statuto, che si presentano come estranei al mondo politico o come il rottamatore di turno della vecchia classe dirigente. Il paradosso è che per andare al potere politico, oggi, ci si deve presentare come contrari alla politica. Insomma, ci si deve presentare come contrari a se stessi e, nel contempo, distruggere le fondamenta democratiche della civile convivenza e della solidarietà.” Ora quanto la psicosi dell’immigrato sia diventata centrale nella sub-cultura di oggi, è sufficiente monitorare i social. Ogni “post” sugli immigrati ingenera una discussione accesa e infinita, e sono centinaia le bufale che girano ogni giorno, continuamente, online. Una vera ossessione sembra essersi impadronita di una parte consistente della società. Una percentuale consistente dei “post” e dei “link” che vengono pubblicati nei social, come è evidente e chiunque può verificare, riguardano il tema degli immigrati e della sicurezza ad esso collegato, anche se le statistiche mostrano un consistente calo dei reati in Italia negli ultimi 20 anni. http://www.youtrend.it/…/social-monitor-salvini-di-maio-fa…/ Come risulta evidente dalla statistica di Social Monitor, la Lega in Italia ha mostrato una spregiudicatezza nell’uso dei nuovi media davvero preoccupante. Più in generale, senza nessuno scrupolo civile, spesso sotto copertura, il web è stato inondato di patacche e bugie, sia allo scopo di alimentare la psicosi dell’immigrato, sia per colpire gli avversari politici. Un uso che non può in alcuno modo definirsi spontaneo, ma piuttosto ben organizzato e sistematico. La psicosi dell’immigrato, con diverse forme e diverse manipolazioni, ha raggiunto praticamente tutto il mondo occidentale. In Italia si segnala questa disonestà e spregiudicatezza dell’uso dei media, con la strumentalizzazione del fenomeno dei barconi, qui certamente più visibile che altrove. Nel frattempo una ulteriore manipolazione, ancora più potente, è intervenuta, complice la pochezza della sinistra sui tradizionali temi sociali. Il problema sociale, perciò, è entrato in connessione con la psicosi: il lavoro non c’è per colpa degli immigrati, le pensioni non ci sono per colpa degli immigrati, tutto funziona male per colpa degli immigrati, tutto è colpa degli immigrati. La memoria corta, altra brutta malattia sociale, giustifica la disconnessione con i tempi: disoccupazione, problemi pensionistici, e tutto il resto, esistevano prima che il problema della immigrazione fosse messo nella priorità nell’agenda dei mass-media. Per quando possa sembrare riduttivo individuare nella psicosi dell’immigrato il successo paradossale della Lega in Sardegna, temo che, all’interno certo della complessità del fenomeno, essa sia di gran lunga il preponderante. Siamo ben oltre il discorso di Gramsci sull’egemonia culturale. Qui siamo sulla incredibile capacità delle forze egemoniche di instaurare veri e propri processi di destrutturazione culturale, piuttosto che di egemonia. Cioè di ingenerare mediante l’amplificazione di fatti di cronaca e l’invenzione massiccia di “bufale” delle patologie sociali con scopi antidemocratici e di conservazione del potere e delle rendite di posizione. Sembra di assistere ad esperimenti di manipolazione psicologica degni di un romanzo di fantascienza, e che ha forse nella Germania nazista e nell’odio contro gli ebrei il precedente più evidente nella storia recente. I danni sociali derivanti da questo fobia delirante di massa sono enormi, e si accompagnano a quella rottura della struttura solidale della società e a quella semplificazione quantitativa del valori in atto da tempo nella società occidentale. Il Grande Fratello preconizzato Orwell, al confronto, era un gioco da ragazzi. Nel frattempo, cambieremo il nome della nostra bella isola, sempre più succube di processi culturali che ci balenano inconsapevolmente sul capo. Da Sardegna, a Sardania.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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