Ed è subito sera
Ho chiamato i miei genitori e i miei zii anziani. Ho impartito la seguente disposizione: “Non uscite di casa, mandatemi un messaggio con quel che vi serve dal negozio che ve lo porto io”. Stamattina, di buon ora, ho accompagnato mia mamma al Mater Olbia per una visita. Sembrava tutto abbastanza normale, a parte il compulsivo pigiare degli utenti sulla boccetta dell’igienizzante per le mani, in una delle sale d’attesa. C’erano ancora gli interminabili lavori in corso sulla sopraelevata e gli operai dalle casacche arancione che facevano mucchio nel cantiere, dietro il semaforo volante. Un discreto traffico, da giornata qualunque. Tornato in paese, ho preso la lista della spesa e sono andato al discount. Nel mentre mi ha raggiunto un whatsapp: “All’Eurospin stanno facendo entrare i clienti a due a due”. Sono andato all’Emmedì. Ma anche lì c’erano le file coi carrelli, la gente disposta in fila per due. Sembrava la partenza di un gran premio di formula uno. Mi sono messo in fila anch’io. Ammessi in cinque per volta. Faceva pure freddo, a stare fermi nel piazzale. Nessuno fiatava, neppure l’accenno di una protesta. Ho provato a pensare quante volte mi sia capitato di dover fare la fila al supermercato. No, non era mai successo. Mi è venuto pure in mente un pensiero stupido: la mia generazione e men che meno quella di mio figlio mai ha conosciuto un clima così tetro, da guerra civile. Ci farà bene questo rigore, ne usciremo più attaccati alla vita, più capaci di mettere in prospettiva cose importanti e meno importanti. Oltre le vetrate, vedevo la gente agitarsi tra gli scaffali. C’era come una frenesia, una fretta insolita. L’ho interpretata come una sorta di solidarietà verso noi, che aspettavamo il nostro turno. Poi è uscita una signorina col carrello carico di ogni genere commestibile, gli acquisti ammonticchiati formavano una pericolante collina. La signorina indossava la mascherina. La mascherina. Mi ha fatto impressione. Noi di paese siamo abituati e vedere le cose che accadono in tv come fatti lontani di un’altra dimensione. Siamo abituati a vedere lo schermo come una barriera invalicabile. Oltre non c’è che un film. La mascherina sul volto della signorina è stato come il frantumarsi di questo schermo in un botto fragoroso. Come se il film fosse entrato nella mia vita.
Poi sono entrato nel discount. Ho incontrato un conoscente, istintivamente ho proteso il braccio per stringergli la mano, ma lui ha ritratto la sua. Non aveva un tono scherzoso. Era gelidamente serio. Mi sono fatto quattro risate col direttore, che aveva un ghigno più sornione del solito e cercava di mettere gli astanti a loro agio, di alleggerire il clima. Nessuno aveva la sporta, tutti il carrello. Poi mi è scappato un colpo di tosse e tutti si sono girati. Ho capito che bisogna sviluppare per tosse e starnuti un senso del pudore, come quello che ci impedisce di fare pipì in pubblico. Altro pensiero: “Forse ci si doveva sentire così, tra partigiani e fascisti, in guerra civile”. Ho riempito il mio carrello e mi sono avviato alla cassa, totale 62 euro. Uscendo, sotto un raggio di sole che trafiggeva il cielo di piombo, mi sono tornati in mente i versi del poeta. “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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