I colloqui sono finiti, oggi. Saluto i colleghi, baci e abbracci… ci ripromettiamo di non perderci di vista: – Se passate nella mia zona, mi raccomando, vediamoci! – – Certo! E tu fai altrettanto se capiti qui,eh? –
Salgo in auto, è pomeriggio inoltrato e siamo barricati dentro l’istituto dalle 8.00 del mattino, con un rapido calcolo mi accorgo che abbiamo lavorato per quasi 12 ore ininterrottamente. Anzi, a dire il vero abbiamo fermato un attimo le attività all’ora di pranzo per ingozzarci di schifezze. Sul lungo tavolo, insieme alle prove dei candidati, ai verbali e alla cancelleria convivevano senza litigare cabaret di pasticcini e pizzette. Un collega ha persino portato una bottiglia di prosecco per brindare alla conclusione degli adempimenti finali. Iniziativa lodata all’unanimità, peraltro. Scala di Giocca percorsa con un’andatura allegra mi fa sentire l’eroina di un videogioco. Sono stanca, ma anche contenta di aver terminato.
La macchina divora l’asfalto, il clima non è quello di luglio e ho un tailleur con la giacca a maniche lunghe. Ho il magone, anche. Anch’esso a maniche lunghe. Ogni cosa che termina mi provoca gioia e malinconia, insieme.
So già che domani avrò nostalgia dei colleghi coi quali, in questo mese di condivisione, abbiamo raggiunto vertici di complicità ineguagliabili. Abbiamo riso fino alle lacrime e, in alcuni casi, ci siamo fatti violenza per trattenerci. In più d’una occasione abbiamo evitato di guardarci per non esplodere in uno sghignazzo incontrollabile davanti ai candidati. Abbiamo litigato, anche. Divisi in guelfi e ghibellini per la promozione o bocciatura di qualcuno.
Mi mancherà l’alternanza di giovani visi, che prendono respiro mille volte prima di iniziare l’esposizione della propria tesina. Supero un Tir, quello stronzo mi stringe contro in guard rail e mando un paio di vaffanculo all’autista, mentre lampeggio come una forsennata.
– Mi ha colpito moltissimo il Pascoli – – Bene, parliamone – le rispondo compiacente. – Mi ha affascinato perché mi ci ritrovo molto nel suo fanciullino infantile – – Fanciullino infantile? Non è un po’ ridondante come definizione? – – Sì ma anch’io mi sento molto fanciullina – – Approfondiamo questa poetica del fanciullino – – Il Pascoli dice che quando siamo bambini siamo fanciullini – – Ehm… non è proprio così – – Dice che lui aveva un fanciullino dentro – – Diceva che in ogni uomo c’è un fanciullino musico – – Sì, io mi ci rispecchio molto. – – Vabbè, c’è un altro autore del programma di quest’anno che ti ha colpito particolarmente? – – Eh no… io ho fatto solo l’autore della tesina – – Come sarebbe a dire? Oltre alla tesina c’è il programma di tutto l’anno. – – Beh, forse Svevo – – E parliamo di Svevo, magari vediamo la figura dell’inetto… – – Svevo ne parla in maniera approfondita nel suo romanzo Il Piacere – – Stai attenta, Il Piacere l’ha scritto D’annunzio – – Boh, allora non lo so! –
Una roulotte va a passo d’uomo e si porta dietro un corteo di macchine lungo una quaresima, rallento, scalo e mi rassegno a percorrere a passo d’uomo la distanza che mi separa dal prossimo rettilineo.
– Il cuore è un muscolo da cui partono due pompette – Il collega di educazione fisica tira su le sopracciglia che arrivano quasi a toccare l’attaccatura dei capelli. – Pompette? – – Sì, tubicini! – Mi volto dalla parte opposta per non mostrare lo sforzo sovrumano nel trattenere la risata. Disgraziatamente incontro lo sguardo della collega di chimica che sghignazza in silenzio, con gli occhi pieni di lacrime. Rido anch’io e sembriamo due parkinsoniane con le spalle che ci tremano all’unisono.
Supero la roulotte e, mentre sono in corsia di sorpasso, rivedo il viso del candidato che ha chiesto di sostenere il colloquio in sardo. – Hitler fidi unu fora ‘ e conca e ha bocchidu totu sos ebereos, cumpresu?– Un’occhiata allo specchietto retrovisore per rientrare in carreggiata e scopro che ho un sorriso stampato in faccia.
– Mi spiace, ma nel tema la traccia non è stata sviluppata a dovere. E poi ci sono vari errori grammaticali e ortografici, ti ho dato 8/15 – – E’ stata molto generosa, professore’! – Oddìo – penso – deve aver supposto che si tratti di 8/10. Gli stringo la mano e gli sorrido. – In bocca al lupo per tutto – – Grazie mille – Si volta per andarsene, poi si gira come avesse dimenticato qualcosa, mi punta l’indice minaccioso addosso e dice: -Lei è la migliore – Rido, ma sono consapevole che quando scoprirà che all’esame 8 è un’insufficienza cambierà idea sul mio conto.
Arrivo a casa, sistemo il bellissimo vaso di ceramica che un collega mi ha regalato. Gli cerco una collocazione con una luce che ne valorizzi i colori e ci sistemo dentro tutti i ricordi di questo esame che, indiscutibilmente, è stato il più divertente di tutta la mia carriera.
Da stasera smetterò di puntare la sveglia alle 5.00. E sorrido, di nuovo.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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