Si può pensare ciò che si crede di Rosario Crocetta. Ma invocare le dimissioni del Presidente di una Regione per un colloquio telefonico pubblicato da un settimanale, ma di cui il settimanale non è in grado di dimostrare l’esistenza, mi pare pretesa assurda, oltreché la dimostrazione del grado di isteria demenziale raggiunta dalla nostra politica e dal rapporto con i grandi media. Sono tra coloro che, la settimana scorsa, hanno condiviso il link con questa molto presunta intercettazione telefonica in cui l’ex assessore Tutino avrebbe pronunciato frasi orribili su Lucia Borsellino. Mi sono forse troppo frettolosamente indignato, mentre una montagna di fango si abbatteva sul governatore siculo: in parte frutto di sdegno sincero, per altra parte per puro e spregevole calcolo politico.
Quel che è emerso in seguito è che questa intercettazione, agli atti ufficiali, non esiste, né l’Espresso è in grado di dimostrarne l’esistenza. Ieri il direttore Luigi Vicinanza è stato intervistato da SkyTg24. In palese imbarazzo ha ammesso di non avere sentito in prima persona quelle frasi e ha aggiunto che l’audio è stato tradotto in italiano, perché il colloquio tra Crocetta e Tutino sarebbe avvenuto in dialetto. Sul piano giornalistico si tratta di un esempio di superficialità e leggerezza sbalorditive, vista anche la tradizione e il prestigio di una colonna della stampa italiana quale L’Espresso è sempre stato. Insomma, L’Espresso è quel giornale che, qualche anno fa, ha denunciato molto prima della magistratura i traffici loschi per il G8 di La Maddalena, un cassonetto dell’immondizia scoperchiato in alcuni memorabili inchieste di Fabrizio Gatti.
Come è possibile che una redazione tanto blasonata spari un colpo di artiglieria così devastante senza calcolarne bene la traiettoria, col rischio che quel siluro le ricaschi addosso? Questa intercettazione resta materia misteriosa, la si è ascoltata ma non la si possiede fisicamente, mentre emerge un rapporto di lavoro con la Regione Siciliana da parte dell’estensore del pezzo. A me, a naso, sembra strano che l’intercettazione possa essere stata inventata di sana pianta. Anzi, non lo credo affatto. Ma su uno scoop così clamoroso si devono avere le carte in regola e si deve essere in grado di dimostrare ogni riga di quanto si scrive. E fin qua siamo all’infortunio giornalistico. Ma l’aspetto incomprensibile della vicenda politica è che si continuano a chiedere le dimissioni di Crocetta che, allo stato attuale, di nulla può essere accusato, essendo stata ufficialmente smentita l’intercettazione (nella quale Crocetta, tanto per ricordarlo, parrebbe tacere). E dall’incomprensibile si passa al torbido quando si apprende che a chiedere le dimissioni del presidente è il Pd, il suo stesso partito. A questo imbroglio di connessioni tra stampa e politica, prima o poi, si dovrà venire a capo. Per la credibilità dell’una e dell’altra.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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