Tornare sulla scena del crimine, corre l’obbligo, si, perché tutta questa faccenda fra eurodeputate in odore di governatorati, docenti, rettori e falso/pudiche spioncine -a mio modesto parere- lascia sul campo le vittime sbagliate, sbagliati gli imputati.
Un €-cent (19,27 vecchie lire) è quanto secondo me basterebbe a farmi -se non ricco- almeno benestante, un solo centesimo per ogni termine “poco convenzionale”, per ogni parola “scurrile” scappata di bocca a tentissime/i nell’ascoltare l’intervista dell’europarlamentare del PD Moretti.
Termini che si utilizzano oramai correntemente nell’intimità della propria casa, sul divano o persino seduti a tavola, durante la tele-visione. Oppure trovandosi in mezzo ad amici e sconosciuti, al bar o sull’autobus, tanto, appunto, chi ti conosce?! Per la mia tranquillità, aggiungerei pure le bestemmie e gli improperi di quanti hanno perso la scommessa convinti che la Moretti fosse una candidata del cdx, non del PD, al computo dei miei centesimi. L’educazione degli italiani -in generale- ma nel linguaggio -in particolare- è notevolmente scaduta, da decenni, mica lo scopriamo ora.
Ma torniamo alla scena del “crimine” e, con calma, al relativo “discrimine”.
Diventata tale sin dalle prime battute di una avvenente (così dicono, a me lascia sinceramente indifferente) eurodeputata/candidata , la scena era e resta quella della sua video/intervista perché lì il “crimine” in oggetto lì si è compiuto, consumato. Il resto sono solo eco-veline di stampa o pareri espressi in mille forme e modi, più o meno informati-zzati, sui mass-media più o meno convenzionali.
Quel crimine sta tutto nelle parole della On.le Moretti, nel suo atteggiamento nei confronti sia delle sue parigenere che di qualsiasi persona munita di buon senso l’ascoltasse. Una défaillance (quantomeno) totale, sotto il profilo sociale come sotto quello mediatico e politico. Parole pesanti, pesante l’ostentatezza con la quale sono proferite, pesante l’offesa a Donne che, per fortuna, non hanno tardato a rispondere e commentare attraverso i mezzi e strumenti più disparati, dai blog ai social, sino alle testate ufficiali, con le parole (e parolacce) più disparate.
Così come il collega Marco Zurru ha fatto attraverso le pagine della testata, questa, con la quale collabora da libero cittadino e non da docente quale è, impeccabilmente, altrove. Marco Zurru è persona conosciuta, un pubblico dipendente ma non “personaggio pubblico”, attenzione. Queste definizioni sono importanti, per qualsiasi investigatore si appresti a risolvere il caso partendo da questa scena, giustamente, e non da quella immediatamente successiva, creata ad hoc molto probabilmente per “sviare le indagini”, per far passare in secondo piano le vere prove ed indizi. Tutti a carico dell’intervistata.
Chi conosce Marco Zurru sa, che le parole da lui utilizzate in quell’articolo, così forti ed inequivocabili, lui le abbia usate scientemente, conscio del fatto che una qualche polemica l’avrebbero anche susciatata, ma pensando che fossero altrettanto necessarie perché quel “crimine” ricevesse la meritata attenzione, lo scossone che serviva perché non passasse il tutto, come sempre in Italia, nell’archivio del “così è se ci pare” di questa “politica”. Il linguaggio soft, il fair play ed il politically correct con certe vicende “sabbiamo” bene dove arrivano, due puffetti sulla guancia e via, di nuovo vergini et immacolati. Chi conosce Marco non ha nessunissimo motivo per pensarlo sessista o scurrile, perché non lo è, perchè quelle parole e quel gergo gli appartengono si, intellettualmente (gli esempi non mancano) e ne fa un uso consapevolmente scorretto per dimostrarne proprio la pochezza, di quel mondo fatto di forma più che di sostanza.
Chi conosce Marco Zurru sa, che moralmente non gli appartengono ne’ quel modo di interpretare la politica ne’ tantomeno quel lessico e quelle “parolacce”. Chi non lo conosce, sarebbe bene si tacesse, prima di elargire offese ed infamie gratuite che non possono essere rivolte ad altri che a se stessi, non avendo la benché minima idea di chi si parla. Ma il discrimine lo colpisce, azioni disciplinari si profilano minacciose, attraverso (stranamente) le pagine di quotidiani di portata nazionale come il Corriere.it che di crimine ne aggiunge un’altro, alla sua precedente ed infelice intervista, quello di pubblicare la lettera di scuse di Marco Zurru -perché Zurru le sue scuse, pubbliche e molto probabilmente indebite, le ha fatte, altre/i no- incompleta, monca della parte finale, quella dove Marco rigetta, totalmente e debitamente, l’accusa di “sessista”.
Marco Zurru è un uomo libero, prima che tutto il resto -titoli compresi-, che scrive per una testata libera formata da libere persone, libere di sospettare, pure, che il discrimine stia tutto nel fastidio, nelle paure che a qualcuna/o, questa libertà genera.
Che si parli del crimine, ora, di quello vero, e si attendano gli esiti che un “procedimento disciplinare” davvero molto “scomodo” partorirà. Concentriamoci su questi crimini allora, senza discriminazioni, ma stiamo attenti, perché se un ateneo può limitare l’uso della parola ad uno solo dei suoi docenti in ambiti estranei alla sua professione e all’Università, poi potranno farlo con tutti.
Ce ne sarà da sentirne, allora, di belle parolacce.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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