Cose così. Tu finisci in tribuna e vedi la tua squadra vincere per cinque a zero. C’è un ragazzo che sbaglia clamorosamente a porta vuota e dopo, segna due gol un po’ più difficili. Vedi un africano che realizza un gol dalla linea di fondo, a rientrare. Guardi dalla tribuna quel prato verde e ti chiedi: “Io qui, che ci faccio? Perché non sono in mezzo all’erba?”. Cose così. Capitano anche a chi era convinto che il tempo fosse una clessidra solo per gli altri e non per chi indossa la maglia numero dieci. E’ capitato a Platini, a Zidane, a Baggio, a Del Piero. Cose che capitano anche al capitano della Roma, per stare al gioco di parole, al solo capitano che questa Roma riconosceva dal 1993. Cose così. Che non sono semplici. Perché Totti è l’ultimo degli eroi, quelli che non cambiano casacca, è quello come Gigi Riva: Francesco rifiutò il Real Madrid, Gigi la Juventus. Entrambi vinsero poco e, comunque, meno di quanto meritassero di vincere. Cose così. Giocatore eclettico, spirito moderno, falso centravanti, falso centrocampista, puro inventore, velocità e intelligenza tattica, 300 gol in serie A che mica sono pochi. Faccia allegra, fama da “gnoccolone”, bravura nell’interpretazione degli spot pubblicitari pari a quella di Tomba: un disastro. Ma con il pallone Francesco ci sa fare. Perché puoi tifare per qualsiasi squadra del mondo ma un campione lo riconosci sempre e lo apprezzi. Adesso è tutto difficile, tremendamente difficile. Si sono messe in mezzo le parole ed è sparito il magico gioco del calcio. Anche Francesco De Gregori, il principe, gli ha consigliato un passo indietro. L’ ottavo re di Roma attende con le note della canzone in testa: deve decidere se appendere le scarpe a qualche tipo di chiodo e provare a ridere dentro ai bar. Cose così, di calcio, di sfide, di canzoni e di visioni. Totti, la magica, Venditti, De Gregori, lo scudetto che non arriva, Pallotta, Mazzone che difende il pupone e il sottofondo di Heroes, di gente che non ha paura di calciare un calcio di rigore. Il sole che cala ma illumina ancora i volti di chi, comunque, a pallone ha giocato divinamente. Cose così.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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