Parigi val bene una messa! Se poi la messa si celebra al Sacré-Coeur di Montmartre, la messa per il mio amico, turista fai da te, vale doppio.
Ryanair aveva da poco iniziato a trasportare i sardi in continente e all’estero, e per poche decine di euro potevi andare a Londra, a Parigi, a Barcellona, insomma dobbiamo dire grazie alla compagnia irlandese se alla fine del novecento siamo usciti in massa dalla nostra isola e siamo andati anche noi a visitare le più belle città d’Europa. E Parigi è stata una delle mete più ambite per chi ama l’arte e la storia.
Così il mio amico Enrico parte per un fine settimana alla volta della Ville Lumière, un volo low cost, arraffato last minute, per un week end full immersion of course!
Parigi è bellissima, i mezzi pubblici funzionano come orologi svizzeri, la metropolitana è una rete che serve tutti i quartieri di una città sterminata.
Il mio amico vuole andare a Montmartre, vuol vedere la piazzetta degli artisti, salire per la scalinata del Sacré-Coeur, visitare la chiesa e godere il panorama mozzafiato che si osserva da uno dei punti più elevati della capitale francese.
Allora prende un taxi: – Bonjù, a Mommatre, si vu plé- dice all’autista in quell’improbabile francese imparato qualche giorno prima da un vocabolarietto acquistato in edicola.
E il taxi parte. Montmartre è lontano, lo sa bene Enrico, ma tant’è, lui osserva estasiato e si gode le bellezze dei palazzi dove si è fatta la storia della Francia e di mezza Europa.
Si, è lontano Montmartre , ma ha come l’impressione di rivedere le stesse strade, le stesse case, gli stessi monumenti, uno strano déjà vu.
– Ma non è che questo sta facendo il furbo e mi sta facendo girare intorno per aumentare la tariffa? – pensa.
E al terzo giro attorno ad un quartiere sbotta tra i denti:
– Labagassadimammat…
Non fa in tempo a finire l’imprecazione che l’auto si inchioda dopo una improvvisa frenata.
– Oh cazzo! – pensa – vuoi vedere che mi ha capito e ora mi massacra?
L’autista dopo aver bloccato l’auto, scende e si porta verso lo sportello posteriore. E’ un uomo basso, forse non più di un metro e cinquanta, scuro di carnagione, capelli cortissimi e appena brizzolati, un uomo comunissimo, proprio come molti sardi, non più giovane, forse sulla sessantina. Ma non è arrabbiato, anzi: quegli occhi vispi e sorridenti tradiscono un’espressione felice e incuriosita: – De abui sesi piccioccheddu? Deu seu de Villamassargia, campidanesu seu e m’azzerriu Efisio! – Eu soggu di Posthutorra – balbetta Enrico con un sospiro di sollievo, – vizzinu a Sassari, mi ciammu Enrico e soggu tuttu caggaddu!
Scoppiano in una risata fragorosa, si stringono la mano, si raccontano, si descrivono, son diventati amici.
Efisio era emigrato in Francia da ragazzino col padre minatore, poi si era trasferito a Parigi dove faceva il taxista, e arrotondava allungando il tragitto ai turisti un po’ distratti.
– Parigi val bene una messa – pare abbia detto Enrico di Navarra. – Parigi ne vale anche due – ripete Enrico di Posthutorra all’amico Efisio del Campidano, che lo scorrazza per due giorni in lungo e in largo per pochi euro: trattamento solo ed esclusivamente per i sardi doc!
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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