Mi ha colpito che il nipote di Liliana Segre abbia scartato all’esame di maturità il compito che riguardava sua nonna perché non voleva mettersi a parlare con estranei di un parente. La vicinanza di una persona pubblica che nella propria sfera esistenziale assume un carattere privato mi ricorda il dramma di un grande storico raccontato da Achille Campanile. Lo scienziato dedicò tutta la vita alla studio di Cesare; ne pubblicò una monumentale biografia della quale ogni pochi anni usciva un nuovo volume. Ma per un inesplicabile equivoco iniziale, egli, sin da giovinetto, aveva intrapreso lo studio non del conquistatore delle Gallie, ma di tale Cesare Cupelli, suo vicino di casa. Amici e ammiratori dello storico, pietosi, gli tessettero intorno una congiura del silenzio, mentre Cupelli, reso borioso dall’annoso interesse di tale luminare alla sua vita, lo molestava con continue visite per aggiornarlo su ciò che aveva mangiato quel giorno o per comunicargli che la sera prima, contrariamente alla consuetudine, non aveva fatto la normale passeggiata a causa di una lieve indisposizione di petto. Tanto che lo storico, spesso, si faceva negare all’oggetto dei suoi studi sostenendo di non avere il tempo di riceverlo essendo occupato a studiare la di lui vita. Anch’io nel mio esame di maturità ho sfiorato il dramma a causa del compito di Italiano. Il titolo era “Romanticismo storico e romanticismo perenne”. Io, con il mio corso scolastico tutt’altro che onorevole, avrei dovuto starmene tranquillo e ringraziare di essere stato ammesso a sostenere l’esame; ma, sarà per l’età o per la mia proverbiale propensione all’onestà, dedicai l’intero svolgimento a dimostrare che il tema, così formulato, era una cagata. Il commissario di Italiano era tal Segneri di cui ora non so il nome di battesimo, ma aveva la fama di docente assai colto, intelligente e “moderno” nel temperamento stesso, quindi probabilmente amico del professore di Italiano che per quattro anni (avevo ripetuto la prima liceo) mi aveva seguito, Manlio Brigaglia, il quale per i successivi cinquant’anni, fino a morire, ogni tanto, come preso da un pensiero improvviso, mi guardava scuotendo dolcemente il capo:
-Uccio, tu sei uno dei miei rarissimi fallimenti come formatore di intellettuali.
Insomma, il professor Segneri mi accolse al banco degli orali con viso severo:
-Ah, saresti tu quel Cosimo Filigheddu che ha svolto il tema sul Romanticismo contestandone il titolo?
Inghiottii saliva limitandomi ad assentire a lui aggiunse:
-Ti rendi conto di essere andato fuori tema? Che il tuo lavoro non sarebbe neppure classificabile? Che ciò che hai scritto pregiudica tutto il tuo esame?
Quando mi ebbe ben bene spaventato continuò:
-Ora tu devi ringraziare che io sono d’accordo con la tua tesi e, soprattutto, che sei riuscito a dimostrarla, altrimenti non sarei neppure andato avanti a giudicarti. Comunque, nel tuo svolgimento parli spesso di “metafora”, spiegami cos’è, parlami di un grande romanzo qualsiasi italiano o straniero dove questa figura compaia in maniera importante.
Era l’età (pure se essendo ripetente avevo un anno in più rispetto alla media) in cui si cede alla tentazione di provocare il prossimo anche nelle condizioni più tragiche, e risposi chiedendo:
-Le va bene “Pinocchio”?
Gli brillarono gli occhi:
-Mi va benissimo. Attacca!
Qualche tempo dopo appresi, mi sembra dallo stesso Brigaglia, che il professor Segneri era ammiratore e studioso di Collodi, quindi la mia provocazione era per lui acqua fresca. Ma per fortuna anche io, con i miei strani gusti, avevo approfondito nel periodo precedente l’autore e il testo, aiutato in questo dal professor Brigaglia, che pur insolentendomi incanalava nell’alveo di un flusso culturale coerente e strutturato i miei disordinati interessi, e del professor Francesco Tanda, il quale aveva risposto alla mia attrazione verso le illustrazioni di Attilio Mussino spiegandomi il concetto stesso di illustrazione di un libro e parlandomi dell’arte di Mussino. Insomma, il membro interno, se non ricordo male il professor Arcangelo Sena, Matematica e Fisica, mi rivelò in seguito che durante la discussione il professor Segneri si batté perché avessi un voto decente nonostante il mio curriculum. Ma mi raccomando: se qualche giovane è arrivato a leggere sino a qui, che non mi consideri esempio da imitare né prima né durante gli esami. Si dice che gli asini a scuola poi fanno carriera nella vita. Balle. Guardate me. Studiate quando è il tempo di farlo e agli esami non fate i cretini, vi conviene.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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