Maggio 1861, l’Italia esiste da pochi mesi. Cavour si ammala, sente che sta per morire. Fa chiamare Fra Giacomo. E’ scomunicato ma il frate lo assolve e finisce davanti all’Inquisizione. Prima lo convoca il papa. Sino a qui è la verità; da qui in poi, forse. Il confessore di Cavour teneva gli occhi bassi davanti a Pio IX che continuava a urlare stringendo le mani sui braccioli del trono, come a trattenersi dal saltargli addosso. Il confessore voleva illudersi di sognare, se avesse accettato che una cosa tanto orribile era vera, che gli accadeva proprio in quel momento, sarebbe certamente morto. “E voi vi ostinate a non ammettere di essere in peccato grave per avere assolto uno scomunicato – urlava il pontefice -. Vi trincerate dietro il segreto della confessione – un obbligo istituito per più nobili fini – per non rivelare al Papa, alla Chiesa, che cosa vi disse quel demonio per indurvi ad assolverlo”. Il confessore di Cavour tremava, era un francescano che non conosceva le tempeste del governo secolare. Poi il silenzio. Il confessore di Cavour sollevò timido il capo e vide che il viso del Papa si era disteso nell’inizio di un sorriso: “Ditemi solo questo, frate, e vedrete quanto può essere dolce e consolatorio il perdono della Chiesa”. Il confessore di Cavour fece esitante un passo verso il trono. Poi si arrestò e si guardò intorno, significando che temeva tutte quelle orecchie. Il Papa allora sorrise con decisione, con un gesto lo invitò ad avvicinarsi, poi si accostò l’indice alla tempia, come a dire: parla solo nelle mie, di orecchie. E così fece. Un bisbiglìo incomprensibile alla corte, che vedeva il frate chino sul Papa. Il cui viso era ora di un mortale pallore. Il frate si rialzò, Pio IX gli fece segno di inginocchiarsi e a voce ben alta disse: “Bravo, ho voluto mettere alla prova la vostra fedeltà ai precetti. Il segreto della confessione si mantiene anche davanti al Papa. Voi non mi avete detto niente. E non direte niente a nessuno. Nessuno deve sapere che cosa vi disse Cavour. Anzi, dimenticatelo pure voi. E andate in pace”. Il frate, indietreggiando, raggiunse la porta della sala del trono e corse via senza più voltarsi.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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