In Sardegna l’acqua è gestita da una società pubblica. Non potremmo chiedere di meglio, in teoria, dal momento che stiamo parlando di un bene primario ed essenziale per tutti. E’ giusto che i costi legati alla distribuzione e al trattamento dell’acqua, manutenzioni incluse, siano spalmati sull’utenza. Ed è giusto che ci sia una politica tariffaria che tenga conto delle condizioni economiche di chi ne fruisce. Insomma, una società pubblica che gestisce un bene essenziale, vitale dovrebbe seguire regole diverse da quelle del profitto. Per me, ad esempio, gli eventuali utili dovrebbero essere utilizzati per migliorare il servizio e, se ne avanza, per abbassare le tariffe. Detto ciò, cosa rappresenta per noi una società pubblica come Abbanoa? Perché la vediamo come un nemico?
La risposta è, in parte, nelle motivazioni con cui l’Antitrust ha recentemente comminato una severa multa di un milione di euro ad Abbanoa (a dire il vero la multa era di 2,7 milioni ma c’è stato uno sconto perché l’Autorità ha riconosciuto una serie di attenuanti). Dunque, come possiamo avere un buon rapporto con una società pubblica che non rileva regolarmente le letture periodiche ed eleva eccessivamente le stime di consumo, non rispetta la periodicità della fatturazione e, in qualche caso, fattura anche servizi di depurazione non resi, indica in fattura morosità inesistenti, fa pagare ai consumatori gran parte dell’acqua non consumata dovuta alle perdite nell’impianto idrico, invia bollette pazze mettendo insieme i consumi di diverse annualità (in qualche caso, addirittura dieci anni), non informa adeguatamente sul cambio delle tariffe applicate, inibisce nuovi allacci in utenze morose chiedendo ai nuovi inquilini incolpevoli di accollarsi il debito pregresso, accumula una quantità enorme di contenzioni e cause perché incapace di organizzare un ufficio reclami all’altezza della mole di lavoro e, addirittura, stacca i contatori nonostante i reclami siano ancora pendenti.
Questo dice l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. A ciò aggiungiamo un’altra voce, particolarmente attuale. Quando l’acqua, come accade in questi giorni, viene dichiarata non potabile da un’ordinanza del sindaco, siamo certi che Abbanoa ne terrà conto nella bolletta? Dai rubinetti di mezza Sardegna, ultimamente, viene giù un liquido di colore variabile tra il giallo e il marrone, con contenuto eccessivo di metalli come manganese e alluminio. Abbanoa ne terrà conto? Ho paura di no ma sarei felice di essere smentito. Perché da una società pubblica che gestisce un bene essenziale, alla quale affidiamo la nostra sete e buona parte del nostro diritto all’igiene, ci aspettiamo comportamenti diversi da quelli tipici di una multinazionale che ha il solo scopo di far profitti. Ci aspettiamo una gestione seria ma equa, basata su principi etici e calibrata sulla società in cui opera. Bene fanno le associazioni dei consumatori a denunciare queste pratiche e a promuovere azioni collettive.
Quanto alla Regione, se ne sta in silenzio a osservare gli eventi difendendo il super manager di turno, molto quotato e assolutamente capace di riportare i conti in attivo. Ma è davvero l’unica cosa che conta? E a quale prezzo l’obiettivo deve essere raggiunto?
Risanare i conti in rosso di una società pubblica spremendo i portafogli dei cittadini con la minaccia di lasciarli a secco non è un bel modo per farsi apprezzare.
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