Ed era Sassari, quella? Boh. Dal secondo binario della stazione (due ce n’erano) partiva un grande podio che tra tappeti e scalini e ringhiere arrivava sino alla piazza. E poi, uscito dalla stazione, credevi di vedere gli spezzoni di mura, la torre diroccata, le case già malaticce che si erano sostituite alle mura abbattute? Macché! Era tutto uno scenario in quella primavera del 1899, una città finta ricostruita sopra la città vera, a coprirla ché Umberto e Margherita non si dolessero alla vista di tuguri e miserie. Tutto, lungo il Corso sino a piazza d’Italia, era stato involto a fare questo pacco dono per i Reali: archi, festoni, tappezzerie da giganti, luci accecanti. E poi, quando se ne fossero ripartiti, lo avremmo svolto e di tutto quel ben di Dio poco lo avremmo conservato e molto lo avremmo buttato via. Noi socialisti ce ne lamentavamo, di questo spreco. Ma non è che lo potessimo urlare in giro perché molti di noi li mettevano in cella preventivamente. Ancora mancavano due o tre giorni all’arrivo augusto e già ripulivano la città dai sovversivi. Misure di polizia, dicevano. Qualcuno custodito nelle celle della caserma dei carabinieri, altri in quella della pubblica sicurezza e due o tre persino nel carcere cellulare di via Roma, anche se lì dovevano entrarci soltanto i condannati o quelli che aspettavano il giudizio. E invece quelli di noi che finivano dentro non aspettavano nessun giudizio perché non avevano fatto niente e dopo la partenza dei Reali li avrebbero messi fuori. Insomma, ci stavamo attenti e quindi quella mattina al Caffè Sassarese di piazza Castello, vicino al Rosario, quando ho visto quel compagno con l’Avanti! bello spiegato sul tavolino e la testata che la vedevano tutti stavo per dirgli di ripiegarlo che non era aria. Chi era? Boh, doveva essere uno della sezione di Cagliari, uno del gruppo di compagni di tutta la Sardegna che si muovevano seguendo e precedendo il viaggio reale per raccogliere impressioni, registrare il malcontento, fare propaganda. Ma prima che aprissi bocca a metterlo in guardia, un compagno di qui mi blocca portandosi il dito al naso come a dire di starmene zitto e poi il dito se lo porta all’orecchio per dirmi: “Stai sentire”. E lo ascolto, quello con l’Avanti! -Finalmente un giornale che dice la verità… Urlava e si guardava intorno. Tra gli avventori fissava noi socialisti, come se ci riconoscesse e cercasse conforto al suo solitario entusiasmo. -Gliele canta chiare al Re. Tanti soldi sprecati a fargli festa a Cagliari e qui a Sassari, mentre la gente muore di fame. Ribellare ci dobbiamo. Ma non c’è nessuno qui dentro che ha un po’ di sangue nelle vene? In quel mentre passano davanti alla porta del locale due guardie di città che danno un’occhiata dentro per vedere se tutto è tranquillo. Il compagno di Sassari che mi aveva detto di stare zitto li vede, si illumina e scatta in piedi urlando verso di loro -Guardie, guardie, venite! Quei due li conoscevo, erano militi abituati più a prendere a calci in culo i piccoli lazzaroni che tiravano sassi che a fare operazioni serie di polizia. Ma in quei giorni chiunque avesse una divisa era stato mobiitato per garantire ordine e sicurezza per il grande arrivo. -Cosa succede? -Guardate quello lì. E’ una vergogna. Ha l’Avanti! e lo legge a voce alta insultando il Re e la Regina. Rimango sbigottito e gli mormoro -Sei pazzo? Denunci un compagno! Lui neppure si volta a guardarmi e mi sibila -Zitto! Le due guardie vanno verso il compagno imprudente che tentava di nascondere l’Avanti! e glielo strappano di mano -Chi è lei? Nome e cognome, ci mostri i documenti! -Non stavo facendo niente… -Lo decidiamo noi se stava facendo qualcosa. Ho detto di mostrare i documenti altrimenti la porto in gattabuia. Quello china la testa e dalla tasca tira fuori un libretto. La guardia più anziana lo apre, ci legge bene dentro e glielo restituisce abbozzando un saluto militare -Vabbè, ce lo poteva dire prima, si evitava tutta questa chiassata. Buongiorno! Fa cenno al compagno e se ne tornano a fare la ronda in piazza. Il compagno sconosciuto rimette il calepino in tasca, sbatte l’Avanti! in terra e va anche lui verso la porta e passando vicino al compagno di qui che lo aveva denunciato lo urta con una spallata rabbiosa e lo fissa un attimo con il veleno negli occhi -Stai attento un giorno a non capitarmi in mano! E scompare verso via Politeama. Come esce, il mio compagno scoppia a ridere e con lui tutti gli avventori del caffè, anche quelli che con il socialismo non c’entrano niente. -Ma non hai capito? E’ uno della pubblica sicurezza, quelli venuti dal continente per provocare e mettere dentro chi ci casca. E’ da ieri che fa il giro dei locali sventolando il giornale. -E tu come lo sapevi? -A Cagliari ha fregato un po’ di compagni e quindi qualcuno si è messo in treno per avvisarci e indicarcelo. -Caspita, ormai è smascherato. Qui non ci fa più niente. Dove andrà? Il mio compagno rispose.
(L’episodio è realmente accaduto a Sassari qualche giorno prima dell’arrivo di Umberto e Margherita. In alto, una foto della visita dei Reali tratta dal volume “Sassari nelle immagini tra ‘800 e ‘900. Le collezioni fotografiche della Biblioteca Comunale”)
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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