Dicono che ci siano persone e non soltanto un algoritmo a condannare un profilo, ma comunque io penso che la consigliera comunale di Sassari Lalla Careddu esclusa da Facebook dopo avere per prima condannato la pericolosa buffonata fascista sul sagrato di San Giuseppe sia uno dei più beffardi e terribili simboli del brutto momento che tutti viviamo. Tutti. Anche quelli che credono di essere dalla parte dei vincitori e che saranno i primi, soprattutto i più poveri, a subire i danni terribili di un consolidamento del potere della peggiore destra. Questa disordinata, tumultuosa e disperata maggioranza che in America e in Europa si sta affermando trae la sua linfa da Facebook, come il gigante Anteo che riprendeva forza a ogni contatto con il suolo, cioè con la sua madre Terra. Stiamo attraversando un periodo, forse dovrei dire un’epoca, nel quale il maggiore strumento di consenso politico è nelle mani di un colosso privato dell’informazione che a scopo di profitto garantisce apparentemente una democrazia diretta, ma che in realtà, tenendo salvo quel profitto, consente che questa finta informazione egualitaria sia inquinata da bugie, falsi allarmi e violenza diffusi con criteri professionali dai più organizzati frequentatori del social. Non è la prima volta che un utente che combatte contro il razzismo viene bloccato da Facebook proprio per “apologia” del razzismo. Se qualcuno giudica moleste le mie modeste intemerate contro questo Governo è sufficiente che frughi tra i post del mio profilo sino a che non trova una frase del tipo: “ … e c’è addirittura chi dice che è giusto picchiare i neri che invadono il nostro Paese”. A questo punto estrapola le parole “è giusto picchiare i neri che invadono il nostro Paese” e mi denuncia a Facebook, che senza alcuna indagine sul contesto blocca il mio profilo per “incitamento alla violenza e all’odio razziale”. Qualcosa di simile è avvenuta al direttore SardegnaBlogger Francesco Giorgioni e potrebbe avvenire anche a me proprio estrapolando la frase centrale di quest’ultimo esempio. In realtà la frase potenzialmente incriminata di questo articolo non compare direttamente su Facebook, ma nel contesto del pezzo pubblicato da SardegnaBlogger, un sito con testata giornalistica regolarmente registrata al tribunale di Tempio. Ma SardegnaBlogger ha bisogno di Facebook per fare conoscere i suoi articoli a più persone di quelli che li leggerebbero direttamente dal sito e ha creato un suo profilo sul social dove pubblica i relativi link. Anche noi quindi siamo utenti e soggetti senza discussione a questo erogatore di notorietà che dona vigore indiscriminatamente agli onesti e ai farabutti. Non è un mistero il fatto che gli utenti più professionali di questo mostro al quale tutti ci siamo inchinati siano coloro che stanno vincendo ovunque. Negli anni Venti del secolo scorso il metodo dei fascisti era quello di disfarsi degli oppositori picchiandoli o peggio. Ai giorni nostri gli squadristi elettronici, con capacità da nerd che riscattano con questi trionfi un’adolescenza solitaria, riescono a fare bloccare i profili Facebook della gente che odiano, cioè le persone perbene, coraggiose e soprattutto colte, ciò che a loro sta più sulle palle. Conosco Lalla Careddu, il suo coraggio politico e personale, il suo contributo alla cultura locale con iniziative geniali nella loro semplicità e soprattutto la sua lotta a favore di poveri ed emarginati, circostanza così rara in una sinistra che sembra avere dimenticato la sua ragione di esistere. E trovo vergognoso che Facebook, questa purtroppo necessaria piattaforma pubblica, la abbia colpita bloccando uno strumento importante per le sue attività. Ercole sconfisse Anteo tenendolo sollevato da terra e colpendolo con la sua clava. Ma non mi illudo. Ercole era forte perché non aveva bisogno dello stesso nutrimento di Anteo, noi tutti invece sì.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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