Le favole sono nuvole di bambagia sempre pronte ad avvolgerci. Le leggende fanno parte dei racconti forse immaginari, pieni zeppi di eroi, dove si esaltano le vite e le gesta. Ieri, per esempio, è morta una leggenda. Più vicino alla favola, a dire il vero. Ed era divenuto (e lo è ancora) un modo di dire quando ci si arrovella nel non mollare, nel non accettare nessun compromesso, nessun armistizio: «Sei l’ultimo dei giapponesi, quello che continuava a combattere, nonostante la guerra fosse finita da un pezzo.»Hiroo Onoda, favola e leggenda esisteva davvero ed è morto all’età di 91 anni nella terra di Giappone da lui difesa sino al 1974 nelle isole filippine dove era stato inviato, a 22 anni, nel dicembre del 1944 in nome della patria. Lui, continuò a combattere, nonostante la resa giapponese del 15 agosto 1945 e continuò ad essere convinto che la guerra continuasse, nonostante i foglietti lanciati dagli aerei americani. Nemici dei quali, ovviamente, non si fidava.Il 19 gennaio del 2014 moriva l’ultimo dei giapponesi, l’ultimo ostacolo alla globalizzazione, alla coerenza e alla forza dell’ortodossia pura. Ma i miti, si sa, non muoiono. Come le leggende continuano a camminare nelle parole degli uomini. Onoda ci racconta la forza e la coerenza, il mantenere la posizione a tutti i costi, per la ragion di Stato, per il suo imperatore. Ci racconta l’amore per la terra, la sua terra, ci ricorda l’importanza della lealtà, nonostante egli fosse in una giungla per oltre vent’anni. Solo un suo superiore, nel 1974 gli dirà che quella guerra per cui lui continuava a combattere, in realtà era finita da ormai trent’anni. Onoda ci racconta però un’altra storia e si aggiunge al mito, alla leggenda e alla favola: la morale di una vita leale, forte, intensa ma solitaria e, in fondo, lontana dal pensiero degli uomini. Lui, l’ultimo ad arrendersi, a mantenere la posizione, ci racconta che il mondo ha le sue idee in movimento e non possiamo stare tutta la vita nella giungla a combattere per nemici che, nel tempo, sono diventati alleati e, probabilmente, amici. Insomma, Hiroo Onoda è entrato, definitivamente, nella leggenda: il piccolo giapponese che combatté la sua guerra da solo. Non la vinse e non la perse. Ma neppure pareggiò. Fu il simulacro della coerenza e della lealtà ma fu anche l’altare dell’inamovibilità. Ormai non si può prendere ad esempio, ma solo raccontare. Perché le leggende sono come le favole: avvolgono e riscaldano i cuori nel mondo dell’inverosimile.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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