Sette anni di politica sembrano un’era geologica, col fulmineo dissolversi della memoria dei nostri tempi. Voi ve lo ricordate come e quando Debora Serracchiani diventò un volto popolare? Era l’assemblea nazionale dei circoli del Pd, anno 2009, mese di marzo. Debora Serracchiani vi giunse da segretario del Pd e consigliere provinciale di Udine, dunque da completa sconosciuta. Parlò per 12 minuti davanti a migliaia di militanti e all’appena eletto segretario Dario Franceschini, succeduto un mese prima al dimissionario Walter Veltroni. L’Italia conobbe quel giorno la sua faccia da cartone animato: Debora indossava i jeans e alla fine di ogni concetto si grattava la testa. Aveva già 39 anni, ma cercava di dimostrarne molti meno. Contestò la dirigenza del partito, anche lo stesso Franceschini, lamentando nella sostanza un eccesso di democrazia e un confuso mescolarsi di voci, che rendeva difficile individuare la linea del partito. Forse “contestare” è infinito improprio: i suoi erano dei pizzicotti, cui seguiva sempre una battuta ed un sorriso per smorzare tensione ed imbarazzo. Comunque il suo fu un intervento molto apprezzato, interrotto ad ogni virgola da applausi scroscianti. Riascoltandolo adesso, è difficile spiegarsi il perché di quell’entusiasmo: erano principi semplici, già sentiti e poveri di orizzonti, ma tanto le bastò per rappresentare il tradizionale malcontento della base. I giornali e le televisioni fecero della Serracchiani un personaggio, ritagliandole l’immagine della contestatrice in un partito monolitico, dominato dalle solite facce.
Venti giorni dopo quell’intervento, il segretario Franceschini offrì alla Serracchiani la candidatura alle elezioni europee: lei accettò e sull’onda di quella fresca notorietà fece man bassa di preferenze, approdando a Bruxelles.
Nell’ottobre del 2009, sei mesi dopo, diviene segretario regionale del Pd. Nell’aprile del 2013 diviene presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Nel giugno del 2013, durante la segreteria Epifani, diviene membro della segretaria nazionale del Pd. Nel dicembre del 2013 viene confermata in segreteria nazionale dal nuovo segretario Matteo Renzi. L’anno dopo diviene vicesegretaria nazionale del Pd.
In sette anni, il volto della contestazione al potere è stato assorbito dal potere e ne è diventato un importante ingranaggio. La Serracchiani ha smesso i jeans del 2009 e ora veste seriosi tailleur. Mai più un dubbio, mai più un pizzicotto, mai nessuna incertezza nel sostegno dogmatico alla linea del partito. La Serracchiani nel 2012 manifestava contro le trivellazioni petrolifere, oggi sposa la linea astensionista del suo partito. Possibile che si possa cambiare idea così rapidamente? Possibile che quella richiesta di parlare con una sole voce – in quell’intervento del 2009 – la faccia sentire in dovere di essere sempre d’accordo? Serve alla nostra democrazia, questa cieca fedeltà?
In molti settori della vita civile, ho visto molta gente che si metteva alla testa della contestazione e poi passava dall’altra parte della barricata con sfacciata disinvoltura. Ma come la Serracchiani, nessuno mai.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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