In alcune circostanze non stare da una parte significa necessariamente stare dall’altra e non esiste una via di mezzo. Non si può pensare di reclamare una neutra terra di confine dove collocarsi per indicare che si sta con se stessi e basta, no. In certe situazioni starsene per conto proprio è una bestemmia. Una ragazzina stuprata incessantemente per tre anni è una di quelle. L’assenza di luce è buio, non penombra.
A Melito di Porto Salvo, in Calabria, esistono mani che rifiutano fiaccole. Esistono braccia che non si stringono attorno a chi ha subìto violenza. Esistono persone che stanno dalla parte della nove bestie che hanno costretto una bambina alle loro luride violenze sessuali lunghe tre anni. Ci sono silenzi che esprimono idee gonfie di brutalità e le urlano con la stessa ferocia. Se l’è andata a cercare significa ben ti sta. Equivale a un te lo sei guadagnato. L’hai voluto e tu sei la causa. Vuol dire radunare tutti i concetti di peccato, castigo, punizione e attribuire loro la valenza dell’espiazione.
Significa meritarselo.
Un’intera comunità non ha riconosciuto in quella 13enne la bambina che per tre anni ha smesso di esserlo. Davanti a lei si sono chiuse le braccia di un paese deserto. Nessuno è riuscito a vincere la ripugnanza e si è avvicinato a darle il bacio di una coscienza partecipe. Sciami di indifferenza hanno nidificato nelle orbite vuote di un paese cieco, dove la solidarietà diventa un’intrusa ingombrante. Cittadini che sprangano porte e finestre per poter perdere, dentro le loro catapecchie emotive, la forma umana e diventare materia trasparente. Un soccorso che viene cancellato dalla memoria collettiva condanna alla morte vera.
Il parroco definisce “prostituzione” la ferocia sessuale subìta da una bambina di 13 anni. Quel ministro di Dio solleva il suo indice accusatore e, trasformando la vittima in peccatrice, le attribuisce la colpa di ogni ferita ricevuta. Il prete ha allungato la sue braccia, non per accogliere e non per consolare. Ha fatto fare loro un giro infinito solo per grattarsi la schiena. Hanno cacciato Eva dal paradiso terrestre. E amen.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design