Perché festeggiamo i compleanni, gli eventi importanti, le ricorrenze che ci avvicinano alle persone che amiamo? Perché siamo imperfetti e vogliamo, con i ricordi, dimostrare che ci siamo, che siamo in grado di battere un colpo, dimostrare la fisicità dell’attimo rispetto a quello che è diventato qualcosa di virtuale: la nostra data di nascita, il matrimonio, il primo bacio, la prima sigaretta, la canzone che ci ha trasportato dentro un attimo di felicità. Come il primo giorno in cui la pagina di “sardegnablogger” è apparsa sul web: 23 settembre 2013. Sono trascorsi esattamente cinque anni: un lustro. Le cose, a volte, nascono per gioco e non si profilano orizzonti ben definiti: nel 2013 la nostra zattera nell’immenso oceano di Internet era solo un voler raggruppare alcune persone che si conoscevano e volevano scrivere qualcosa da condividere insieme ad altre persone amici di amici o semplici conoscenti, che potevano collaborare con questa stranissima idea di una pagina facebook un po’ diversa dalle altre: per strada si incontrarono giornalisti, scrittori, narratori di storie, amanti della Sardegna, della bellezza, del gioco e disposti a mettere insieme le parole necessarie per descrivere i luoghi al “plurale” e non semplicemente al “singolare”: perché lo dicemmo da subito che ci sono molte Italie, molte Sardegne e molti mondi. Come ci sono molte politiche e molte culture. Forse, con una certa presunzione, intendevamo raccontarle tutte, ma avevamo la consapevolezza di non riuscirci, di non poter accendere tutte le luci di un palco affollato e complesso. Però abbiamo azzardato. Quella prima squadra era composta da persone ed alcune di loro negli anni ci hanno abbandonato e altre se ne sono aggiunte, perché le strade hanno sempre diversi incroci e non è detto che quella seguita dalla nostra redazione sia la migliore. E’ così: si cresce, si cambia umore, ci si intestardisce a volte, si ritiene sia tutto sbagliato e tutto da rifare e ognuno continua nella strada che ha scelto. Sardegnablogger aveva un piccolo sogno: quello di raccontare le storie da un punto di vista diverso, non ci interessava – e non ci interessa – “dare” la notizia, anche perché ci vogliono i mezzi e molta fatica per soppesare le variegate “verità”, ci interessava – e ci interessa – entrare in punta di piedi dentro una stanza che tutti avevano già visitato, osservato, ma volevamo farlo da un punto di vista diverso. Il nostro voleva essere uno sguardo rivolto a certi dettagli che a volte, per la fretta, per la stanchezza e perché “non vende”, alcuni giornali non riescono a volgere. Sardegnablogger voleva prima capire i fatti per poi provare a ragionarci con semplicità, con naturalezza, senza utilizzare l’urlo o la parolaccia per il solo gusto di essere presenti, alla moda. Noi volevamo suonare il pianoforte mentre tutti ascoltano un brano di rap. Non è semplice, ma chi vuole può riuscire ad afferrare quelle note che non sono, beninteso, fuori dal coro: sono un controcanto, una voglia che nasce dalla passione per le parole, per ciò che si vede, si vive, si ama. Sardegnablogger è, soprattutto, un atto d’amore incondizionato: non ci sono introiti pubblicitari, non ci sono veline da passare, non ci sono documenti o pensieri da vendere. Ognuno di noi fa “altro nella vita” e dentro quell’altro osserva, recepisce, analizza, riflette e prova, con le parole, a camminare su una strada diventata difficile, popolata sempre più da persone restie a voler capire, analizzare, provare a soppesare le notizie ed eliminare la tara ideologica che da tutte le parti è inserita. Abbiamo deciso – e lo facciamo da un lustro – di osservare quello che ci gira intorno in maniera attenta, rigorosa, abbiamo deciso di accendere altre luci in quella stanza dove tutti hanno già visto, analizzato e, a volte con troppa faciloneria, sentenziato. Non siamo i migliori e non vogliamo esserlo. Non siamo neppure diversi. Non siamo di sinistra, di destra, di centro. Siamo però partigiani: nel senso che siamo di parte e in tutto ciò che scriviamo siamo sempre dalla parte degli uomini, di tutti gli uomini che agiscono e colorano, pasticciano, distruggono, costruiscono questo bellissimo pianeta. Internet non è la nuova religione, il nuovo totem dove tutti si inginocchiano: Internet non è una divinità, è solo un mezzo, un semplice mezzo che serve, come è servita l’invenzione di Gutenberg a suo tempo, per raccogliere e divulgare le parole. Sardegnablogger non è uno strumento di propaganda, non dobbiamo curare la campagna elettorale di nessuno e non dobbiamo candidarci per cariche di primo piano nel governo del paese. Abbiamo però il diritto di criticare chi ci governa e di farlo sempre con la stessa curiosità che hanno i ragazzi quando scoprono l’amicizia e l’amore: con circospezione e con trasporto. Alcuni numeri: sul nostro sito son stati pubblicati 4776 articoli, aggiungiamo a questi quelli del vecchio sito (786) e gli oltre 1000 che navigano nella pagina di facebook: sono 6562 post. Sono circa quattro al giorno e non è semplice provare ad scrutare tutte queste stanze alla ricerca di indizi che, a volte sono nascosti. Ci sono stati post più o meno fortunati (alcuni hanno raggiunto oltre cinquecentomila letture) altri più o meno belli, più o meno “azzeccati” ma tutti in perfetto stile “sardegnablogger”: l’informazione senza padroni. Ringraziamo tutti i redattori, i collaboratori esterni e tutti voi lettori non banali che di tanto in tanto, quando vedete il semaforo di sardegnablogger, vi fermate e provate a riflettere, prima di attraversare sulle strisce. Oggi son trascorsi cinque anni da quando abbiamo iniziato questa piccola avventura. Ci piace condividerla con chi un pochino ci ha creduto e con chi, da sempre, sta dall’unica parte giusta: in quella degli uomini, che sono essere imperfetti ma tutti indispensabili per colorare la tela del mondo. Auguri a tutti e buona vita.
La redazione di sardegnablogger
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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