L’altra sera sono andato al cinema, al mio paese. C’era il film di Ridley Scott che racconta il rapimento, con annessi e connessi, di Paul Getty jr, il nipote dell’uomo più ricco del mondo, sequestrato nel 1973 a Roma dalla malavita calabrese. Per essere precisi, è per questo che ne scrivo, al mio paese un vero cinema non c’è. La proiezione dell’altra sera l’hanno fatta alla sala congressi comunale mentre, andando a ritroso nella memoria, per anni il cinema lo si faceva all’aperto, in piazza, come avviene in estate in tanti paesi d’Italia. Ho cercato di ricordarmi le volte che sono stato al cinema, al paese, in tutta la mia vita. Lasciando stare le sedi improvvisate, credo di essere stato al cinema una volta. Dev’essere stata la fine degli anni settanta e mi ci portò mia zia Candida, una sorella di mio padre. Forse fu un ripiego: credo che i miei dovessero andare da qualche parte e così mi venne imposto di stare con lei. Il cinema era in uno stabile della famiglia Ghilardi, notissima per epiche storie di vendite ai compratori della Costa Smeralda e per le tristi vicende di sequestri. Davano un film di Bruce Lee e non so se zia Candida, constatata la violenza del soggetto, mi avesse permesso di vederlo tutto. Mi è rimasto, di quella sera, solo un frammento: io che cerco lo sguardo di un amico venuto con noi al cinema, in mezzo a quella distesa di poltroncine, sotto la luce abbagliante di uno schermo spaventosamente grande. In qualche casa del paese ci dev’essere un foto di Roger Moore, dentro quel cinema, anno 1977. Avevano appena girato “007-La spia che mi amava” con tutte quelle sequenze della Lotus Esprit che riemergeva dalle acque di Capriccioli e sfuggiva ad un elicottero tra San Pantaleo e la panoramica tra Cala di Volpe e Olbia. Lo staff si era insediato proprio al cinema e Roger Moore ci si faceva accompagnare, la sera, per vedere quel che era stato girato in giornata, prestandosi a foto di gruppo e alla firma degli autografi. Poi il cinema, ad Arzachena, non è più esistito. Non devo cadere nella tentazione del rimpianto né recriminare sulla dittatura della televisione. Però vedendo la ricostruzione di quel 1973 nel film di Scott, le 127, le Alfasud, le 128 e le 125, ho immaginato che quel tempo aveva lo stesso condimento di quell’unica mia sera al cinema di paese, quando da bambino mia zia mi portò a vedere le capriole di Bruce Lee. L’altra sera, al teatro, eravamo forse una cinquantina di persone a vedere il film su Paul Getty. Tutti assieme, per assistere col naso all’insù la ricostruzione di una storia pazzesca, per rivivere un momento dimenticato del nostro passato. Non in un grande multisala, non ciascuno nelle proprie case. No, tutti assieme, nel piccolo teatro di paese. Credo che avremo diritto a definirci comunità – noi, piccole comunità – solo se sapremo difendere questo bisogno di condividere le storie, che è cosa diversa dall’abbuffarsi alla solita sagra o fare il tifo alla partita domenicale di pallone. Per questo ogni paese dovrebbe avere il suo cinema.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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