Va a finire che Sanremo è stato “baglionizzato”. Ieri sera il Claudio nazionalpopolare ha aperto con una sua canzone in stile molto rock (Dagli il via), ha proseguito con un duetto davvero molto bello a livello interpretativo con i Negramaro (e la canzone capolavoro Poster), ha poi gigioneggiato con Virginia Raffaele (bellissima e bravissima) e, infine, ha mezzo rovinato “Sabato pomeriggio” con la giornalista volto del TG1. Ci sono state piccole parentesi musicali, compresa quella con Gino Paoli che ci ha raccontato di aver annusato tra cinque giovani promesse (inizi anni 70) uno che qualcosa nel campo musicale l’avrebbe combinata: quel ragazzotto romano aveva un pezzo bello “Signora Lia” e si chiamava Claudio Baglioni.
Sanremo è anche questo: capacità di sfruttare l’onda del successo (Carlo Conti, Fabio Fazio con la Littizzetto) o utilizzare, come in questo caso, una sorta di monumento nazionalpopolare che accontenta tutti e soprattutto tutte: la battuta della Raffaele sul grande quantitativo di “milf” presenti in sala ad adorare Claudio Baglioni la dice lunga sul perché questo è il festival più visto di sempre negli ultimi anni. Perché c’è la musica (e c’è sempre stata), perché ci sono gli scandali legati alle canzoni copiate o non inedite (e ci sono sempre stati) ci sono i cambi di vestito della bella presentatrice (e anche questi ci sono sempre stati) c’è un nude look più vedo che non vedo di Noemi (avevamo visto Patty Pravo, le mutande di Anna Oxa in altri festival) ma c’è lui: Claudio Baglioni con il suo repertorio di canzoni che molti di noi (milf e maschietti attempati) conoscono a memoria. Ammetto di aver cantato, senza sbagliare una parola, “Poster” e il giorno prima “Mille giorni di te e di me”, cantata insieme a Biagio Antonacci (quello di “chepalleBiagioantonacci”). Sanremo, dunque non è Sanremo ma è soprattutto Claudio Baglioni. Almeno questo, dal mio speciale osservatorio, in questo momento appare. Sui pronostici ci provo e a me pare una partita ridotta a due canzoni: quella di Ermal Meta e Federico Moro (impegnativa quanto basta) e la canzone dello Stato sociale che sembra una nuova nunteregghe più rinnovata e anche la voce del solista ricorda in alcuni passi quella struggente e bellissima di Rino Gaetano. I ragazzi emiliani rischiano, sull’onda scanzonata di Gabbani di stravincere Sanremo. Pochissime speranze (e per fortuna) per i vari Pooh, Caccamo ed Elio e le storie tese. Stasera giochi di coppia con bravi cantanti, attori e ballerine, ottantaduenne compresa che è il vero spirito di questo festival cucito intorno a Claudio Baglioni: il vecchio che canta e che danza. E non è poi così male.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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