Dunque, nel 1978 andava di moda la radio “libera” ed io a quei tempi la radio, oltre che ascoltarla, la facevo. Erano anni ruggenti, densi di ideologia; eravamo tutti convinti (da entrambe le parti) che mancava un attimo per vincere nei confronti dell’altro con programmi chiaramente diversi: da una parte la fantasia al potere, dall’altra il potere della fantasia. La nostra radio, fin dalla sua istituzione, aveva un “non statuto” ben impresso nella mente di tutti: “i fascisti non potevano parlare”. Ecco, a guardarla oggi questa legge scolpita nel niente fa sicuramente sorridere ma, ripeto, quelli erano i tempi. Mi occupavo di radiogiornale e conducevo un programma sui cantautori. La lettura dei quotidiani al mattino (quando non andavo a scuola o al primo anno di università) era quasi logorante per come analizzavamo le notizie, spaccando il cappello in otto (solo adesso capisco perché non potevamo vincere, parlavamo di fantasia ma ne avevamo davvero poca). Per le elezioni comunali si organizzavano grandi dibattiti con tutti i partiti e dei veri duelli e faccia e faccia (lo facevamo prima di Mentana, pensate) con successive maratone elettorali con inviati nelle sezioni (erano 51) a contare letteralmente i voti e comunicarceli attraverso il telefono. Il dibattito era però la trasmissione più seguita e che riceveva tantissime telefonate. Organizzammo una serie di incontri e uno tra questi fu tra un candidato del partito comunista italiano e un altro del partito liberale italiano. Erano persone conosciute dagli algheresi ma mentre il comunista appariva serio, distinto, distaccato, il liberale era un anfitrione, spaccone, simpatico, pronto alla battuta satirica. L’esponente del PCI prima accettò salvo poi telefonare affermando che riteneva ingiusto un dibattito tra chi rappresentava il secondo partito della città e un rappresentante di un partitino che non votava nessuno. Mi trovai spiazzato. Fu la prima volta che accadeva una cosa del genere e sinceramente non sapevo che dire. Provai a convincerlo e a spiegargli che la decisione era la nostra e andava rispettata. “Piuttosto parlo con un fascista, ma non con lui”. Ribattei che nella nostra radio i fascisti non entravano e indignato, ci accusò di settarismo e antidemocrazia. Il dibattito non fu mai trasmesso. Fu rimpiazzato da una mia trasmissione di canzoni di cantautori italiani. Ricordo di aver mandato in onda “piazza bella piazza” di Claudio Lolli dove si ricordava di un lepre pazza. Da quel giorno quel comunista fu, per tutti, “lepre pazza”. Lui non venne eletto mentre il liberale, con il suo tre per cento, entrò in consiglio comunale. Sono cose d’altri tempi che oggi, per fortuna, non accadono più, come nessuno ascolta più la canzone del Maio,* del grande Fabrizio De André.
*Per i puristi di cuore: il titolo esatto è “La canzone del Maggio”. Era solo per adattarla ai tempi. Tranquilli: anche se ci crediamo assolti, siamo per sempre coinvolti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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