La vittoria nelle elezioni regionali francesi del partito di estrema destra ha sollevato preoccupazioni negli osservatori di tutta Europa. In Italia, ne hanno parlato anche Nicolò Migheli e Franco Mannoni su SardegnaSoprattutto, sono emersi delle interessanti interpretazioni utilizzando il concetto di egemonia di Gramsci. La vittoria della destra estremista e xenofoba francese, così come la presenza pervasiva della destra razzista italiana rappresentata dai vari Salvini e Meloni, è stata interpretata come una crescente egemonia culturale, la stessa profetizzata da Gramsci. Si è rimproverata alla sinistra europea l’incapacità di confrontarsi con i sentimenti popolari e di egemonizzarli, cosa che invece la destra è riuscita a fare, “usando” Gramsci, baluardo culturale della sinistra, meglio della sinistra stessa. L’idea di Gramsci di “egemonia culturale” ha rivoluzionato la politica e anche la storia del pensiero umanistico moderno. Le classi dominanti, infatti, non occupano solo fisicamente i centri del potere, ma impongono anche la propria cultura e morale che, il più delle volte, è strumentale al mantenimento del loro potere. Le classi subalterne assorbono questa cultura, fino a non distinguerla più. Diventano perciò succubi di quella cultura senza rendersene conto, interrompendo quell’automatismo rivoluzionario che Marx aveva profetizzato. Da qui Gramsci ritiene fondamentale l’alleanza tra intellettuali e classi subalterne per contrastare quella deriva imposta. Che il concetto di “egemonia culturale” di Gramsci sia semplicemente geniale, è dimostrato dal fatto che, effettivamente, dei valori culturali tipici della borghesia occidentale oggi siano indistinguibili e siano diventati valori universali. Ad esempio la proprietà privata, che ha nella “privacy” la sua forma sacralizzata nell’ordinamento occidentale. Una volta, nella cultura contadina, la privacy non esisteva. Ma quella classe borghese, storicamente, doveva dimostrare con una pressante propaganda che solo la proprietà privata poteva garantire lo sviluppo e la libertà. Così a partire dalle enclosures inglesi per finire con le colonie africane, passando per l’Editto delle Chiudende sardo, il senso comunitario e solidaristico dei contadini è stato smantellato con recinzioni, muri, filo spinato, muretti a secco, tecnocrati muniti di documenti catastali. L’idea di un mondo spezzettato, che tanto aveva fatto gridare il poeta delle “tancas serradas”, si è poi con il tempo diffuso fino a diventare valore culturale imprescindibile. Le case di oggi non sono più “aperte” come una volta, ma rigorosamente sigillate. La privacy è diventata sacra e inviolabile. Ci si è rinchiusi sempre di più nel proprio privato. Le abitazioni americane sembrano dei fortini militari e violare, anche per sbaglio, una proprietà privata significa rischiare di essere ammazzato. Nessuno oggi si sognerebbe più di lasciare la casa aperta agli ospiti come succedeva una volta. Anzi forse neppure ci ricordiamo più come funzionava il vicinato di una volta, quando bastava una nonnetta per garantire il controllo dei ragazzini che giocavano a frotte per la strada. Il concetto di privato, dunque, funzionale all’economia mercantilista europea e al cosiddetto “consumismo”, ha finito per regolare i rapporti sociali tra le persone. Nessuno ricorda più che una volta non era così, e che la privacy non è un valore universale. Tutto questo ha comportato una trasformazione della psicologia delle persone, rinchiuse sempre di più nel proprio ambito. Quanti si preoccupano dei cambiamenti climatici, della deforestazione nel mondo, o della perdita di biodiversità, che stanno trasformando lentamente le nostre vite? Pochi. Quanti sono concentrati sulla salute del proprio animale domestico o nella bellezza delle piante del proprio giardino? Molti. Per fare un altro esempio di un processo di egemonizzazione culturale indotto dalla classe dominante, pensiamo al valore che diamo al lavoro. Un uomo probo è certamente colui che si spacca la schiena dalla mattina alla sera, “un lavurar della Madonna”, come amano dire al nord. E’ una brava persona, perché lavora dalla mattina alla sera. L’idea che il lavoro nobilita l’uomo e, come tristemente sostenevano i nazisti, “rende liberi”, è una idea antica. Ma con la borghesia occidentale europea, questa idea antica ha assunto i contorni della beffa. Solo se lavori, e lavori tanto, senza pensare ad altro, puoi considerarti un uomo valido. Chiaro: l’espansione di un mondo padronale che aveva come motore l’industria, prevedeva braccianti salariati che lavoravano tanto e pensavano poco. Mentre all’operaio veniva inculcato il valore del lavoro, loro se ne stavano tranquillamente ad oziare nelle loro ville, nei loro yacht, a fare la bella vita patinata. La retorica borghese del buon lavoratore quindi era indirizzata verso un duplice scopo: schiavizzare o distruggere le culture, si pensi agli indios, che “non lavoravano”, e condizionare i braccianti con una retorica che, per molti versi, ricorda quella militare, oggi un po’ fuori moda, del “credere, obbedire e combattere”, dove solo chi aveva il coraggio di farsi ammazzare, di rendersi carne da macello, era impavido, coraggioso, meritevole di onore e di gloria e di una bella medaglia al valore e alla memoria. Il lavoro nel mondo occidentale ha assunto i contorni di valore universale, per cui la vita sociale di una persona si identifica con il proprio lavoro. Sei un disoccupato? Non sei nessuno. Sei stato licenziato? Sei socialmente morto. Non ci si pone il dubbio che dietro il concetto di lavoro vi sia stata una manipolazione culturale strumentale alle esigenze industriali della classe dominante. Il lavoro è sempre stato un valore, ma spaccarsi di lavoro senza neppure avere il tempo per pensare, per coltivare la propria umanità, rendendoci schiavi, no. L’idea che uno che lavora dalla mattina alla sera non può che essere una brava persona, in realtà, è una manipolazione egemonica. A rifletterci, è esattamente il contrario: uno che lavora tutto il giorno finisce per impoverirsi culturalmente, per fare sempre le stesse cose, per incattivirsi. Questi due esempi ci fanno capire quanto, in realtà, il concetto di egemonia culturale di Gramsci sia pervasivo e profondo, al punto che noi stessi entriamo in crisi nel riflettere come, in questi decenni, siamo stati trasformati, egemonizzati nella nostra stessa gamma di valori profondi. Ma l’egemonizzazione continua, cosa credete. Noi stessi oggi siamo dentro fasi di transizione di tentativi della classe egemone, economica, politica e finanziaria, di trasformare la nostra psicologia, le nostre abitudini, i nostri valori. Spesso crediamo di essere alternativi e, invece, non ci rendiamo conto che stiamo per essere egemonizzati. Un esempio attuale è dato dalle trasformazioni delle abitudini alimentari. L’industria del cibo sta trasformando, profondamente, il nostro rapporto con la tavola. I nostri figli non accettano più i sapori genuini, fateci caso. E anche certe ideologie alimentari, che prima non esistevano, sono promosse dai centri di potere egemonici. Il rapporto dialettico tra la morale delle classi egemoniche e l’agenda resistenziale della parte più cosciente e consapevole della società è dunque una costante storica. L’avanzata delle destre razziste e xenofobe in Europa, alla luce di quanto detto, più che una conquista egemonica, appare un nulla-osta, un laissez faire. Mi spiego. La classe dominante, nel nostro ricco mondo occidentale, detiene il potere mediante un complesso sistema di sfruttamento delle risorse di altri paesi e di mano d’opera nei propri confini nazionali. Con l’ampliarsi dei mezzi di informazione, tuttavia,le informazioni su quanto accade nei paesi dove lo sfruttamento assume i contorni dell’intervento militare sono diventate accessibili. Il naturale senso di pietà dell’uomo rischia di compromettere, alla vista delle bombe che distruggono case e uccidono famiglie, quel sistema complesso di sfruttamento di cui facciamo parte anche con il nostro stile di vita. Qui la classe dominante occidentale, pur di mantenere il potere, anche egemonico, cioè culturale, sta conducendo una operazione molto azzardata, che rischia di disgregare la società stessa, ovvero lo sdoganamento del razzismo, la chiusura dei confini, la soppressione, nel nome della difesa della propria incolumità, dei diritti fondamentali. Si cerca, ovvero, di perpetuare lo sfruttamento giustificandolo con una superiorità morale e culturale e accentuando il conflitto, la cosiddetta “guerra infinita”, alimentando il circuito vizioso azione – reazione – azione, guerra – terrorismo – guerra. Più che di egemonia culturale diretta, parlerei di una alleanza dei centri egemonici con le parti più sensibili, dal punto di vista emotivo, della società. L’odio che nasce dalla paura e viene giustificato dal razzismo, è una componente profonda dell’animo umano, una struttura radicata, direbbe l’antropologo Levi-Strauss, che non è difficile da strumentalizzare politicamente. La classe dominante, economica, finanziaria e politica dell’Occidente, sa bene il rischio che corre, memore di situazioni, come il nazismo, sfuggite di mano. Tuttavia non permetterà mai di perdere il proprio potere, e si azzarderà a rischiare, consentendo alle forze che pescano negli strati più bestiali dell’animo umano, di racimolare un po’ di posti di potere. Avete visto quanto spazio è concesso, nelle nostre televisioni di Stato, gestite da quella classe egemone, ai fascisti e razzisti de noantri? Quindi la classe dominante Europea, per perpetuare il suo potere, ha sdoganato il razzismo e il fascismo, lo ha reso legittimo, con grave rischio e pericolo di tutti. Userà dunque il fascismo come spauracchio, come cane da guardia, facendolo abbaiare, per tenere a bada la cultura resistenziale. Tuttavia, il voto francese, è un sintomo preoccupante di un guinzaglio sfuggito di mano. Ma anche altri sintomi ci sono stati in questi anni. Elezioni con successi di partiti xenofobi ci sono stati in tutta Europa, persino in paesi considerati “felici” dalle statistiche, come la Danimarca, che evidentemente tanto felici non sono. E’ chiaro che i parametri di felicità, sono imposti dalla classe egemone. Parametri di felicità che ci vengono imposti, egemonicamente, e che perseguiamo spesso senza comprendere che la felicità, in realtà, è un altra cosa. E così diventiamo cattivi, razzisti e fascisti. Il voto francese, come quello di tante altre parti in Europa, è dunque il sintomo di una reazione disperata del potere al cambiamento, alla resistenza operata da chi ha a cuore ancora quei valori umani di solidarietà e comprensione. Gli stessi che, per paradosso, erano di pertinenza della prima borghesia rivoluzionaria, quella che nella Francia illuminista voleva cambiare il mondo. Valori umani che sono universali ed eterni, ma che al momento sono un po’ offuscati, travolti da una manipolazione mentale dei centri di potere. La stessa che Gramsci definiva, appunto, egemonia culturale.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design