Osservate le facce di queste persone. Osservatele bene. Magari non ci dicono niente. Sono facce molto simili a quelle di molti rifugiati arrivati in Italia con la disperazione nelle tasche. Sono facce comuni, di gente che ha mille storie da raccontare e che nessuno vuol sentire. Sono quelli che ospitiamo per qualche mese all’interno di case famiglie, alberghi, piccole locande. Sono gente in attesa di un futuro che non conoscono e che vorrebbero costruire con le proprie mani. Sono storie sospese alle quali con rabbia e determinazione qualcuno di noi urla “se ne stessero a casa loro”. Qualcuno di noi, inoltre (al peggio, come sempre, non c’è fine) ha subito urlato a squarciagola che questi profughi, adesso, devono lasciare i posti negli alberghi a cinque stelle dove abitano agli sfollati di casa nostra, ai terremotati, alla nostra gente. A quelli che hanno perduto tutto in un attimo. Silenzio che si squarta con l’atrocità e la bestemmia di queste parole inutili e inutilizzabili per qualsiasi discorso. Osservate le facce di queste persone. Osservatele bene. Sono persone che hanno richiesto asilo nel nostro paese. Vivono a Monteprandone, un paesino delle Marche e in attesa che quella richiesta di asilo venga approvata, hanno deciso di partire verso Amandola, uno dei centri colpiti dal terremoto. Si diceva del nostro paese sempre pronto a girdare a tutti “oh issa” e non scendere mai dalla macchina. Ecco, queste persone, con le loro storie intense e terribili, con un futuro da costruire, sono partite per aiutare delle altre persone. Uomini, che in un attimo, si son trovati in mezzo alle onde altissime, in un mare in tempesta. Osservate le facce di queste persone. Osservatele bene. Ci stanno aiutando in casa nostra. Perché solo chi cammina da molto tempo nella zattera malferma della vita riesce, in qualche maniera, a riconoscere le onde.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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