In un precedente articolo, https://www.sardegnablogger.it/del-come-rendere-produttivi-boschi-sardi-senza-distruggerli/ scrivevo dei rischi che correva il patrimonio forestale pubblico a causa del business delle biomasse. Parlavo di un rischio, dunque, di utilizzo non condivisibile del patrimonio forestale sardo.
Quel rischio non me lo sono inventato.
Esiste infatti, giacente in Regione, una “Analisi di Massima sull’utilizzo delle Biomasse Forestali a Scopi Energetici”, allegato al Piano Forestale Regionale. http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_73_20080129175721.pdf .
Tuttavia mi sono giunte sollecitazioni, da parte di diversi amici e di autorevoli e competenti esperti, a rivedere le mie posizioni, giudicate, il taluni casi, un po’ avventate, sulla questione del taglio di utilizzazione boschiva del Marganai.
Solo che c’è un piccolo dettaglio.
Io non ho mai parlato del Marganai.
Non ho parlato del Marganai proprio perché non mi avvento a parlare di cose che non conosco bene.
Io mi riferivo, in generale, al rischio di utilizzo del patrimonio forestale pubblico sulla questione delle biomasse. In termini ancora più generali, ho parlato, in quest’altro articolo, https://www.sardegnablogger.it/biomasse-lenergia-cannibale/ del meccanismo che può ingenerare una incentivazione delle centrali a biomasse, con il rischio che da tecnologia utile a trasformare in energia la biomassa in eccesso si riveli invece come consumatore indiscriminato di risorse naturali.
Tuttavia, il fatto che mi sia stato attribuito, automaticamente, una allusione al Marganai, dimostra che la vicenda che riguarda quei boschi stia creando notevole scalpore e persino allarme sociale.
Oltre all’allarme, lanciato dal Gruppo di Intervento Giuridico, sono apparsi altri articoli nei vari siti internet di informazione dove si sollevava il problema, anche con l’apporto di testimonianze titolate sotto il profilo scientifico.
Per comprendere l’allarme sociale che sta suscitando il trattamento delle foreste del Marganai, è sufficiente pensare che è in atto una raccolta di firme per fermare quello che, secondo molti, è un vero e proprio scempio.
Ad uno di questi articoli è apparsa la risposta dell’Amministratore dell’Ente Foreste il Prof. Pulina.
http://www.sardiniapost.it/angolo-dei-lettori/pulina-lente-foreste-gestisce-240mila-ettari-di-bosco-e-possibile-che-sbagli-solo-nel-marganai/ .
In questo articolo, il direttore dell’Ente Foreste precisa che “In particolare si prevedono interventi selvicolturali su una superficie di 1.233 ha, quindi sul 26% dell’intera Foresta Demaniale. Su questa superficie i tagli di ceduazione interesseranno un area di 400 ettari, sempre nell’arco di un decennio, dunque una percentuale effettiva di circa l’8% dell’intera area forestale. Ulteriori 730 ettari (circa il 15% dell’area forestale complessiva) riguardano interventi di avviamento a fustaia, diradamenti, tagli fitosanitari, cure colturali e rimboschimenti.”
Ah ecco, quindi la ceduazione non me la sono inventata io.
È solo una parte della foresta, ma c’è.
Sostiene, altresì, il direttore dell’Ente, che “Il ritorno all’utilizzo del legno come combustibile è promossa ed incentivata, anche e soprattutto tra i paesi firmatari del protocollo di Kyoto, sia per sostenere la corretta gestione del patrimonio forestale sia per i convenienti costi di approvvigionamento e ancora per l’azione di contrasto ai cambiamenti climatici derivanti dall’uso di fonti energetiche non rinnovabili.”
Quindi un utilizzo a scopo energetico del legname nel compendio c’è, non me lo sono inventato io.
Nell’articolo si parla genericamente di legna da ardere, non di biomasse.
Ma è lecito, data la delicatezza dell’argomento, attendere una smentita o una conferma netta, chiara, che non lasci adito a equivoci? E’ lecito conoscere con chiarezza qual è l’intendimento della Regione su questo argomento?
Chiunque del settore sa bene che c’è una differenza tecnica sostanziale tra un taglio indiscriminato e la ceduazione. Lo sa il tecnico, ma quello che risulta dalle fotografie non è un bello spettacolo a vedersi. Dicasi lo stesso per certi trattamenti selvicolturali, magari fondamentali per rinnovare il soprassuolo boschivo.
Credo che la sensibilità ambientale dell’opinione pubblica, anche quando è semplificata da una limitata competenza tecnica, sia comunque un patrimonio morale da valorizzare.
Credo anche che, se c’è un allarme sociale su una qualsiasi vicenda, non tutto è il risultato di quella limitata competenza, o di atteggiamenti ideologici.
Magari c’è un deficit di comunicazione.
E siamo qui, tutti, per cercare di porvi rimedio.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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