Un ex generale dell’esercito in pensione, esperto di intelligence, pochi giorni fa, mi ha spiegato come, secondo lui, i servizi italiani avrebbero avuto bisogno, nelle recenti missioni all’estero, della professionalità e degli studi di un antropologo, per meglio comprendere la cultura e le usanze delle popolazioni con la quale ci si confrontava. Una accorata sensibilità professionale, uno scrupoloso senso di comprensione per le popolazioni affrontate nelle varie missioni di pace. Lo stesso scrupolo e la stessa sensibilità che si manifesta nell’intervista che la televisione svizzera ha fatto al generale comandante del poligono del Salto di Quirra, che trovate nell’articolo già pubblicato in Sardegnablogger da Roberto Bolognesi. A microfoni che il generale credeva spenti, discutendo delle sindromi patologiche oscure riscontrate nelle aree dei poligoni, il generale ha espresso quelli che erano i suoi dubbi sulla questione. “Sono tutti parenti! I sardi si sposano tra loro, cugini, fratelli, è una cosa… però non si può dire se no i sardi si offendono.” Ecco, se ci danno, in pratica, degli incestuosi, ci offendiamo. Che caratteraccio questi sardi. Ora, a parte che la genetica non ha mai messo in relazione la consanguineità con l’insorgere di certe malattie, si dovrebbe riflettere su come, un certo potere, deformi la realtà a sostegno di una logica coloniale. Un sistema che è sempre esistito da quando esistono le colonie. Non tutti gli antropologi sono stati al servizio della scienza. Nell’800 diversi antropologi erano impegnati a fornire giustificazioni agli imperi coloniali francesi e inglesi, proprio descrivendo come abbiette, barbare, sconce, le popolazioni da redimere, con la cultura e la democrazia. E giù massacri a popolazioni inermi. Inventarono in particolare, per dipingere come scabrose le popolazioni indigene, la più grande antropo-balla della storia, il cannibalismo, una roba mai esistita in nessuna parte del mondo, se non per scopi rituali. Anche il tabù dell’incesto è comune a tutte le popolazioni del mondo, dalla più remota alla più tecnologica. E’ una costante comune a tutte le popolazioni perché, come spiega bene Levi-Strauss, se non ci fosse, qualunque comunità imploderebbe su se stessa e si estinguerebbe. Eccetto in Sardegna evidentemente. La scuola lombrosiana poi, in Sardegna, si sbizzarrì. Antropologi come Onano e Niceforo, a cavallo del ‘900, sostennero che la razza sarda era per indole e persino fisionomia portata alla delinquenza e al banditismo. E dunque giù a disboscare foreste e a scavare miniere, reprimendo chi protestava. E’ un film della storia questo che si ripete, sin dall’epoca dei conquistadores, dovunque vi sia una dominazione, una popolazione da sottomettere, una risorsa da sfruttare. Ma la denigrazione “antropologica” è ormai superata. La motivazione a sostegno della logica coloniale, ormai maggioritaria, è la “busta paga”. Fantomatiche buste paga che si sprigionerebbero dai poligoni militari in Sardegna con un effetto a cascata sullo sviluppo economico e sociale. Però non si comprende, allora, come mai i paesi che ospitano i poligoni si spopolano in misura molto maggiore dei comuni con analoghe caratteristiche. “Cominciassero a fare gli studi genetici”, protesta il generale. E infatti gli studi di genetica in Sardegna li fanno da anni, ma non per rintracciare chissà quali consanguineità, ma per capire un altro fenomeno. Uno strano fenomeno. In Sardegna, infatti, si vive a lungo. Molto a lungo, più che in ogni altra parte del mondo, condividendo questo primato con pochissime altre regioni geografiche della terra. Uno strano fenomeno, difficilmente spiegabile. Inspiegabile considerato che, questi sardi, sono incestuosi e permalosi, e che si sposano tra di loro, e che non dovrebbero, a rigor di codesta logica, campare così tanto.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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