«È attivo il servizio di difesa dall’accattonaggio», ha sbandierato il prete a margine delle coccole all’animo dei fedeli, pecorelle impaurite, nel rituale della messa in una Casa di Dio, a Cagliari.
Ora, anche la Chiesa ha cominciato a costruire il proprio esercito privato; un po’ come la Lega con le camicie verdi. Ma non in difesa dei deboli, degli indigenti, di chi non ha e chiede, spesso per non essere soprafatto dalle emergenze di una vita disgraziata. Bensì in difesa dai deboli, dagli indigenti e da chi ripete quel rito secolare che vuole gli ultimi piegare sull’uscio delle chiese le residue luci di dignità personale al gesto caritatevole di altrui mano: la carità che si fa pìetas e si monetizza in elemosina.
I fedeli che si recano in chiesa vanno dunque protetti dalle richieste degli esclusi, a maggior ragione se questi lamentevoli gesti emergono da “animo sporco”, “ché i negri e gli zingari sono ancora più sporchi dei nostri poveri, che dovrebbero avere la precedenza, gli italiani poveri…”.
A me, che sono ateo e un po’ di cose del mondo le ho viste e lette, ‘sta cosa non ha suscitato grande imbarazzo: la Chiesa Catolica ha sempre costruito grandi fortune sul registro di una doppia morale. Non è un caso se, prima Lutero e poi Calvino si prima incazzati e poi mobilitati in quel modo… In tutti i secoli che hanno preceduto questa piccola e ridicola parentesi di modernità, i vagabondi e gli accattoni sono stati cacciati, banditi, messi al palo, rinchiusi, condannati ai lavori forzati, impiccati; e dunque trattati in modo molto più violento rispetto ai ridicoli tentativi di questa parrocchia locale.
E’ dalla fine del Medioevo che la lotta contro il vagabondaggio è stato il cuore delle politiche sociali in tutti i paesi dell’Europa. Ma il problema non si è risolto. Evidentemente le cause erano altre, e ciò che alimentava la mendicità dei poveri era l’assoluta impossibilità di trovare spazio in un mercato del lavoro a loro precluso e, dunque, una diffusissima miseria di massa. Esattamente ciò che si sta ri-verificando ora, in quasi tutto l’Occidente, dopo la pausa dei “30 anni gloriosi” di crescita economica, finita nel 1975, con la mobilitazione del cartello dell’OPEC.
Ciò che fa specie in questa faccenda è leggere un ulteriore grado di degradazione delle già precarie condizioni di solidarietà sociale diuna società impoverita. frantumata, “fuori squadra”, come dice qualcuno. Quella solidarietà che può invece essere alimentata da Istituzioni come quelle ecclesiastiche che, in altre occasioni, si sono mostrate piccolo baluardo di difesa dall’intrusione nefasta delle logiche del Mercato e struttura di produzione di significati capace di opporsi al diffondersi della paura e dell’insicurezza sociale.
Questo prete, che spero esempio ridicolo di una ridicola minoranza anche a quelle latitudini, ha mostrato come sia facile far tornare sulla scena ché fu di Francesco, Ambrogio, e mille altri grandi “padri” della Chiesa, quelle che sono sempre state considerate come “classi pericolose”, gruppi particolari cristallizzati ai margini della società perché imputati di comodo, capaci di cumulare l’origine e il motivo di ansie e paure che si sedimentano nelle clasi sociali in momenti particolari della loro vita, quelli di crisi economica. Ché il rischio di perdere ciò che si ha, soprattutto se si ha poco, fa ribollire la paura e il senso di minaccia che arriva dall’esterno. E chi se non i poveri, gli zingari, gli extracomunitari o, al meglio, gli extracomunitari e gli zingari che sono anche e soprattutto poveri, sono meglio capaci di rappresentare quel pericolo?
Ciò che leggo di davvero pericoloso in questa ridicola mossa parrocchiana è la capacità di alimentare quel sentimento antitetico alla “colla sociale”, quel risentimento, quel misto di invidia e disprezzo che mai predispone alla generosità, alla capacità di rischiare, l’accogliere il nuovo, il diverso, ma che produce atteggiamenti difensivi che negano la differenza e il pluralismo, e spostano il baricentro delle energie personali verso il passato, verso la conservazione di ciò che furono “i bei tempi andati”, quelli dove si stava meglio perchè loro non c’erano o, almeno, non “rompevano le palle”.
E’ una scorciatoia comoda, quella scelta dal prete: un facile modo di spostare le cause di un fenomeno, l’indigenza e la miseria dilagante, addossandone le cause sugli ultimi che, proprio perchè ultimi e senza un minimo di risorse di e per la propria indipendenza, sono condannati a stare “fuori dal perimetro dei diritti sociali”, affinché io, fedele cattolico praticante, possa continuare a stare “dentro”. Dentro, magari a pregare Dio affinché all’uscita dalla Chiesa non incontri quei rompipalle che insidiano la mia purezza.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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