Mi è piaciuto molto il pezzo tratto dal libro Temporany road , dialogo con Franco Battiato a cura di Giuseppe Pollicelli (la nave di Teseo editore) apparso oggi su “Robinson”, il supplemento domenicale di Repubblica. Mi sono sentito sollevato dalle parole che “il maestro” ha raccontato a Pollicelli. Battiato ha rimarcato l’importanza della riservatezza e per farlo ha affermato che il pubblico e il privato “sono due sfere del tutto indistinte che, senza compenetrarsi, coesistono abbastanza tranquillamente.” Ha poi aggiunto che “i rapporti importanti, profondi, li coltivo nel mio privato, le relazioni che intrattengo come “personaggio” pubblico sono necessariamente d’altra natura e d’altro spessore, e va bene così”. Parole ovvie e condivisibili se non fosse che, proprio su Battiato, quest’estate si era costruita – ad arte – una sorta di piccola campagna mediatica che lo vedeva “irrimediabilmente malato”. Lui, invece, precisa che ama vivere da solo “perché le combinazione perfette tra esseri umani sono quasi inesistenti”. Anche queste sembrano essere banalità. Eppure quotidianamente non facciamo altro che occuparci degli altri, di cosa facciano, di come si muovano o, se si è personaggi “pubblici”, ci si muove nella speranza di essere sempre accettati da tutti gli altri. Fateci caso: urliamo quotidianamente il diritto alla privacy e lo sbandieriamo ai quattro venti. Poi, quando troviamo qualcuno che ama stare con la sua solitudine come scelta e non come obbligo, pensiamo sia malato. Lunga vita a Franco Battiato e alla sua bellissima solitudine. C’è un passaggio che condivido appieno: “Solo quando uno mangia in silenzio assapora davvero il cibo. Sono il chiasso e la confusione a fare male, non la solitudine.” Ci penso sempre quando finisco dentro ristoranti chiassosi dove si è costretti ad urlare per farsi sentire. E non amo, a dire il vero, le luci troppo scintillanti dei vari centri commerciali, soprattutto in questo periodo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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