Sono bastati grosso modo cinque giorni – una settimana per valutare la portata dell’affaire Cambridge Analytica presso l’opinione pubblica che gravita in rete e sui social.
Appena il caso, che sobbolliva da giorni come il magma sul fondo di un cratere, è deflagrato sulla stampa, tutti abbiamo creduto che fosse la volta buona; finalmente – abbiamo pensato – le masse prenderanno coscienza del fatto che la libertà di condividere gli affari propri con l’universo mondo nasconde una qualche insidia.
E invece niente; solo pochi giorni e tutto è alle spalle.
Insomma, il fatto che si sia dovuto attendere il caso Cambridge Analytica per fingerci spaventati sul furto dei nostri dati sensibili la dice lunga sulla percezione dei rischi da sovraesposizione social di noi gente normale.
Non ce ne frega un granché, questa è la verità; sembrava si dovessero cancellare a milioni da Facebook, Instagram eccetera, e le istruzioni su come farlo definitivamente – disattivando anche tutte le applicazioni che girano sui social alle quali abbiamo consegnato le nostre credenziali – abbondavano.
Ovviamente sui social!
Invece da Facebook non è uscito praticamente nessuno; provate a fare un controllo sulle vostre bacheche e vedete un po’ se manca qualcuno dei vostri contatti.
Evidentemente la necessità di condividere i propri connotati in versione hollywoodiana vince sul timore di essere ostaggio dei mercanti dei nostri dati manipolati chissà come, dove e per quali fini.
Gli unici movimenti degni di nota riguardano le grandi società quotate in borsa – Tesla, ad esempio – per le quali un furto di dati, fossero anche solo i like per un prodotto più che per un altro – può minare in modo concreto la sopravvivenza stessa dell’azienda.
Il fatto è che anche noi, nel nostro piccolo, siamo decisivi in uno scenario come quello prefigurato dagli analisti del caso, ma facciamo di tutto per rifiutarci di prenderne atto in modo serio; la manipolazione dei dati sensibili può influenzare una campagna elettorale – staccatevi un po’ dai fatti italiani e pensate all’America, che diamine! – fino a sovvertire le regole democratiche e quindi i destini dell’umanità.
Non sono scenari apocalittici partoriti da qualche epigone di Aasimov, ma è quello che in parte già succede, come spiega oramai da anni Evgenii Morozov; il quale, molto acutamente, osserva che boicottare i social network è solo un’ingenua non-soluzione al problema.
Il vero nodo della questione infatti, secondo Morozov, è la totale assenza di una regolamentazione internazionale sull’utilizzo dei dati sensibili; la necessità di un data–deal si impone più di qualsiasi altra cosa anche perché, a pensarci bene, noi possiamo anche fuggire dalla rete ma i nostri dati – ossia l’unica cosa che di noi importa al di là degli schermi dei nostri smartphone – rimangono a disposizione per qualsiasi utilizzo, dal più lecito al più fraudolento.
E visto che comunque il caso Cambridge Analytica ha a che fare essenzialmente con la sfera politica, sarà appena il caso di buttare lo sguardo in casa nostra, visto anche il travaglio post elettorale che siamo attraversando, per segnalare una singolarità.
Tutti i partiti presenti a questa tornata elettorale hanno sempre, in qualche modo, pensato a surrogare la più faticosa delle forme democratiche, ossia quella rappresentativa, con qualcos’altro, a seconda della disponibilità e della fiducia nei mezzi a disposizione.
Forza Italia ha utilizzato la televisione e i mezzi di stampa di proprietà, il PD ha perseguito l’idea strampalata tutta veltroniana del partito liquido, ridotta finalmente a pantomima del berlusconismo, mentre i 5 Stelle hanno creduto nella democrazia diretta, propalata tramite piattaforma web, salvo poi riconvertirsi alla campagna elettorale tradizionale mediante camper, roulottes, motorini, e qualsiasi mezzo di locomozione in grado di riavvicinarli alla gente comune.
Al di là del responso delle urne, però, tutti hanno capito – perlomeno così sembra – che la politica e la democrazia non potranno mai prescindere dal contatto diretto con il popolo.
Solamente sarà molto più faticoso, e mai come ora non saranno ammesse scorciatoie.
La democrazia è fatica, governare costa fatica, i destini del popolo pesano e governarne gli esiti costa fatica; se tutti ne prendessero atto sarebbe già un bel passo in avanti.
Staremo a vedere e non faremo sconti a nessuno; ce lo consente la democrazia, del resto.
O è proprio questo che dà fastidio?
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