E’ difficile trovare la faccia adatta per la sconfitta. C’è riuscito, a suo modo, Lionel Messi, classe 1987, poeta assoluto del gioco del calcio e poco abituato a perdere. Lui che è il capitano della sua Nazionale, vicecampione del mondo 2014, medaglia d’oro ai giochi olimpici del 2008, vincitore di nove campionati spagnoli con la squadra di club del Barcellona, 7 supercoppe spagnole, 4 Champions League; cinque volte pallone d’oro, un gradino sotto Maradona. Ecco: questo è il punto. Lionel è sotto “il pibe de oro” e non riesce, da sempre, a dimostrare il contrario. Quei tre schiaffi presi ieri dalla Croazia dimostrano che il calcio sa essere umano e si dimentica dei propri Dei. Lui, in campo ieri sera, non ha visto palla. Non c’è mai stato: forse distratto, nascosto, colpito dalla maledizione dei mondiali dove è arrivato, al massimo, secondo. Diego e Lionel: due vite parallele ma completamente diverse. Maradona giocava con la pancia e il sangue dentro il cuore, Messi raccoglie le parole migliori per scrivere poesie. Ma non ha funzionato. Non sempre Leopardi è considerato il migliore. C’è sempre chi riesce ad esprimersi in versi nei momenti peggiori. Quando Leopardi si distrae. Maradona è il popolo, Messi è il reticolo intellettuale. Ho amato molto Maradona e continuo ad amarlo. Nello stesso tempo amo Lionel Messi. Un figlio, un fiore non colto. Quanto ho visto la sua faccia, ieri sera, ho capito qual è la differenza tra Messi e Maradona: il gusto dell’esagerazione che Messi non ha e che Diego ha sempre esibito con terribile franchezza. Maradona è quello che vorrei essere e non riuscirei mai a dimostrare, Messi è quello che dovrei essere ma non riesco mai a concludere. Mi dispiace quella faccia senza parole in mezzo ad un campo terribilmente enorme. Non basta vincere tanto. A volte bisogna vincere di gusto. E, a quanto pare, non è il caso di Messi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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