Cenere. Cenere e fuliggine dappertutto. Un’estate da dimenticare, anzi no, un’estate da ricordare per la Sardegna. Da tenere bene nella nostra memoria; un’estate di fuoco, di schiuma ritardante, di elicotteri e Canadair e di volti anneriti. Di paesi lambiti, illuminati dal rosso del sole e dal rosso delle fiamme. Di terre bruciate e di pascoli risarciti con la solidarietà. Di incuria e di sensibilità. Di turisti coscienti e incoscienti; di sardi coscienti e incoscienti. Di voli continui sulla terra e continuità territoriale ad intermittenza. Turismo, territori bruciati e sabbie rubate.
Come ogni mattina, mi affaccio al balcone di casa e osservo la vallata, ancora annerita e lunare e medito sulle parole scritte da un individuo, membro di una società energetica sardo-londinese che consuma, copre e di fatto “brucia” territori. Sorseggio il bicchiere colmo di caffè, nero, scuro e fumante e sovrappongo la mia immagine a quella del protagonista descritto da McCarthy nel suo romanzo “La strada”, padre di un bambino che lo accompagna in quella allucinante e catastrofica storia. Cenere e fuliggine dappertutto.
Ci sono ferite che lasciano grandi cicatrici, alcune restano aperte, incurate: disastri ambientali e culturali ancora senza soluzione, Ottana, Buggerru, Porto Torres, Portovesme, Quirra e tanti altri, lasciati passivamente a marcire tra le pieghe della burocrazia. Immensi spazi industriali svuotati da prevedibili mere illusioni. Paesaggi compromessi e paesi che si svuotano. Campagne ormai inadeguatamente presidiate e chi lo fa, lo fa spesso con rassegnazione.
Quell’individuo, rappresentante di questa società sardo-londinese con sede a Macomer (altro paese decaduto e svuotato) in un video su fb, con toni freddi e distaccati, pone sul piatto della stadera emozionale, la Salute delle persone. In pratica sostiene più o meno questo: “non possiamo continuare a far ammalare le persone con gli inceneritori e con altre pratiche di energia non pulita, vogliamo installare centinaia di ettari di pannelli per produrre energia, pulita.” Privata; energia privata ottenuta privando, sottraendo. E poi Stoing! Un altro coltello sul tavolo: la Pubblica Utilità. Occupare la terra privata con l’arma della legislazione per ottenere nuovamente profitto privato. Cenere e fuliggine dappertutto.
I paesi della Sardegna stanno subendo un declino demografico pazzesco, da qui a 30 anni molti di questi saranno disabitati. Vuoti. I sindaci cercano vie di uscita da questa situazione, dai vuoti delle case vuote. Vogliono giustamente continuare a vivere e a far vivere nelle loro terre, nelle loro vie, le proprie memorie culturali. E allora in tanti pensano a forme di turismo e di accoglienza, prodotti e paesaggi da offrire ai visitatori che potrebbero allungare le stagioni, creare profitto ed economia.
Combattono contro lo svuotamento dei loro piccoli centri abitati, periferici rispetto ai centri più popolosi. Le piccole economie a misura umana, schiacciate e prosciugate dai grandi centri commerciali dalla grande distribuzione delle multinazionali, pieni dentro e con un potere desertificante fuori: tutto è ridotto alla centralità, spugnosa, intrisa di tutto e assorbente tutto; all’esterno periferico, l’aridità, spazi vuoti e disabitati dove, come in Mad Max Interceptor (1979), bande impazzite razziano quello che di buono trovano, trovando terreno fertile e ormai esausto. Gli eroi sono disposti a rischiare tutto, persino la vita affinché si mantengano vivi i luoghi fisici, i paesaggi e le proprie memorie. Le società rurali di questo stanno morendo. Ma c’è ancora la volontà e la possibilità di poter decifrare le azioni positive tra gli spazi e i sentimenti.
Spazi periferici, di confine, di margine attendono l’equilibrio perduto. Spesso gli amministratori locali si trovano a dover combattere anche battaglie fatte di burocrazia, di bilanci ma anche di lotta contro gli incendi e devastazioni climatiche. Ora tocca a loro il compito di coinvolgere i propri concittadini a presidiare i territori, tornare a lavorare la terra, creare campi agricoli per la produzione di frutta e verdura, carni e formaggi. Invece siamo ancora qua, a discutere di centinaia di ettari di campi da difendere per non abbandonarli alla mercé di certi personaggi. Che questi individui vadano a ripristinare le ferite industriali, che vadano ad occupare quelle aree dismesse, morte. Che coprano con i loro specchi per le allodole le ferite mai sanate della Sardegna e lascino in pace chi ha rispetto per la propria vita.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Il viale dell’Asinara. (di Giampaolo Cassitta)
Don Puglisi e la mafia. (di Giampaolo Cassitta)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
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