Questa cosa è troppo bella, ma è passata un po’ sotto silenzio. Una cosa bella, la vittoria di Aru nella quinta tappa del Tour, con un altra cosa bella di cui pochi si sono accorti. E’ un periodo che i sardi, almeno così pare dai social, si dividono su tutto. E la straordinaria vittoria di Fabio Aru alla quinta tappa del Tour de France, è passata un po’ sotto silenzio, coperta dall’ennesima questione “sardista”, questa drammatica, che ha adombrato l’impresa del ventiseienne atleta di Villacidro. Una vittoria eccezionale colta nella prima tappa di montagna, la prima con vere difficoltà, al cospetto di campioni come Froome e Contador, plurivincitori del Tour, ed altri come Martin, Porte, Quintana, Thomas, Chavez. Insomma, Aru li ha messi tutti in fila. Ma se è ancora presto per farsi illusioni per il risultato finale, è anche corretto dire che un Aru così “tirato” e in forma non lo si era mai visto, per cui una qualche speranza è lecito coltivarla. Nei giorni scorsi ho un po’ sorriso all’ingenuità di molti che ipotizzavano Aru correre con la maglia dei quattro mori, in virtù di un omaggio che gli organizzatori del Tour gli hanno dedicato sul sito apposito, in una illustrazione con la bandiera dei quattro mori anziché quella italiana, in onore al soprannome con cui l’atleta sardo è conosciuto, “il cavaliere dei 4 mori”. Ho sorriso perché chi conosce le regole del ciclismo sa che i ciclisti gareggiano con la maglia della propria squadra, in questo caso la forte compagine Astana del Kazakistan. Si deroga in pochi limitati casi: la maglia iridata di campione del mondo, di campione olimpico, e dei campionati delle rispettive nazioni d’appartenenza. Altra deroga, sempre però con la dicitura della squadra che sponsorizza gli atleti, è riservata a chi nei grandi giri ha il simbolo di un qualche primato, come può essere la maglia gialla al Tour per il leader della classifica generale, o a pois rossi del miglior scalatore, che è la maglia che in questo momento veste Aru. Dato che Aru aveva appena vinto il titolo italiano, vestiva appunto la maglia tricolore, come norma e regola del ciclismo, un po’ come lo scudetto sulla maglia della squadra di calcio che ha vinto il campionato. Una maglia portata con orgoglio, dato che simboleggia il titolo di una delle maggiori potenze mondiali del ciclismo. Vincere il titolo italiano, come ha fatto Aru, relegando al secondo posto un campione come Ulissi, significa aver compiuto una grande impresa. Ci sarebbe da aprire, ora, una riflessione sull’attaccamento che i sardi, ancora oggi, dedicano ai loro simboli identitari. Non lo faccio, perché ho notato che oggi, i simboli, dividono invece che unire. Però l’attaccamento che i sardi riservano alla loro bandiera, portata in giro in ogni luogo e in ogni dove, ormai proverbialmente, è commovente. Certo, è solo una manifestazione un po’ ingenua di gioia e appartenenza, però in un periodo in cui si finisce per prendere sul serio, con condimento di insulti truci e spietati, ogni discussione sulla sardità, mi accontento anch’io di poco, di vedere sventolare la bandiera dei quattro mori ad ogni concerto e ad ogni manifestazione sportiva. Per questo mi ha fatto piacere, un piacere sciocco ed ingenuo, lo riconosco, vedere stampata la bandiera dei 4 mori sul casco di Aru. Così ho pensato, nella mia gioiosa superficialità di sardignolo per giunta mezzo sangue, che si può provare, senza acrimonia e questo costante spirito di rivalsa che a volte mi pare soffocarci, a concentrarci sulle cose belle che noi sardi sappiamo fare. Bravo Fabio. E facci sognare.
foto LaPresse/Reuters tratta dal sito Sportfair
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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