Caro Nicola, è la tarda sera di mercoledì e ti giuro che non so che cosa stia succedendo. Stavo per fare qualche telefonata, ma alla fine ho deciso che per dirti ciò che sto per dirti è sufficiente quel poco che so: e cioè che ora stai trattando per rifare la giunta sulla base di un metodo che è quello della spartizione. Come diceva quella truce barzelletta ambientata in una sacristia davanti alla cassetta delle elemosine: “Questo a me, questo a te e (con il medio sollevato al cielo) questo ai poveri”.
Cavolo, quanto mi ha fatto diventare qualunquista questo tuo Pd, caro Nicola. Questo Pd che di ora in ora sta alzando il prezzo delle trattative con te per impaniarti ancora di più in questa rete. E per sfiancarti. E pensare che proprio tu mi avevi convinto che in questo partito, almeno in Sardegna, ci fosse qualcosa di buono. Quando avevi annunciato che volevi candidarti e ti dicevano: ma lascia perdere. E tu no. Non ce la farai, guarda che ti stai mettendo contro di noi. E tu no. E allora, incazzati ma anche un po’ preoccupati per la tua arroganza: e stattene buono, non ti fare male, ché poi più in là qualche cosa ti daremo. E tu no. E poi mi hai fatto ancora pensare che qualcosa stesse cambiando quando hai vinto le primarie. Di pochi voti, è vero. Ma senza macchine da guerra che ti aiutassero, solo voti di gente di sinistra come me che si era rotta le balle di partecipare con il suo voto alle questioni interne di un partito che avvertiva sempre più estraneo. Già, dopo i servizietti fatti a Prodi, partecipare alle primarie mi dava l’impressione di entrare in casa d’altri per dire: questa parete dipingila di bianco, qui mettici il parquet e questa cucina non mi piace. Eppure l’ho fatto perché incarnavi una voglia di cambiamento che avrebbe fatto bene sia a quel partito sia e soprattutto alla mia città. Pochi voti in più, per la tua vittoria alla primarie, ma nessuno raccolto chissà dove: tutti, uno per uno, di gente di area, come dovrebbe avvenire quando in un partito si fanno consultazioni interne il cui esito si proietterà con grandi effetti verso l’esterno. Poi hai vinto le amministrative alla grande e la guerriglia cominciata subito dopo contro di te, era scontata. Io non penso che tu abbia mai voluto fare il Don Chisciotte contro il sistema di potere del Pd in Sardegna, fatto anche di spartizioni e accordi non soltanto interni e di radici antiche e ben solide in settori potenti, quale a esempio quello del credito. Non sei un Don Chisciotte, perché non sei un perdente di natura. Anzi, sei un combattente. Ma sei un estraneo, un marziano, come va di moda dire ora nelle vicende romane. E non ti voglio paragonare a Marino perché sono certo che difficilmente uno come te potrebbe diventare l’ennesima vittima del metodo Boffo. Sai difenderti meglio di lui. E probabilmente sai anche amministrare meglio, anche se non ti hanno permesso di dimostrarlo. Insomma, pur venendo dalla carne viva di quel partito e dalla sua storia, interpretavi la sua voglia di cambiare. E i veri cambiamenti sono fatti soprattutto di idee e di metodi che gli danno gambe, a quelle idee. Ora io penso che tu lo sappia meglio di me che avere derogato a quei metodi è già di per sé la vittoria di chi ti voleva fare fuori. Che senso ha continuare a fare il sindaco dopo che ti hanno costretto a sacrificare la gente in gamba che ti eri scelta per amministrare Sassari? A esempio Grazia Manca, con la sua passione e la sua competenza nella gestione del disagio sociale, il più grande dei problemi che ora stiamo affrontando; o Maria Francesca Fantato, che un certo Pd valuta con una scrollata di spalle e che invece interpreta i nuovi temi e i nuovi linguaggi che un giorno la sinistra dovrà accettare se vorrà continuare a esistere. Che cosa potrai fare ora che i tuoi avversari hanno dimostrato che possono ridurti alla ragione, alla loro ragione? Io credo che in realtà non gli interessasse avere o non avere posti nella giunta, ma soltanto darti una lezione, fare credere a tutti che in fondo sei come loro. E per di più, meno forte di loro. Io penso, caro Nicola, che volessero proprio trattarti come un Marziano a Roma. Ma non nella banale accezione che tutti ora danno del marziano Marino, come fanno alcuni colleghi che citano Flaiano senza averne letto una riga. Il marziano di Flaiano, infatti, non viene rifiutato perché è diverso, ma perché della sua improduttiva diversità alla fine non gliene frega più niente a nessuno. Si accorge di annoiare i romani, entra in depressione, risale sull’astronave e se ne torna a casa. Credo che sia questo il pacchetto che ti hanno confezionato. Ricorda Anna Sanna, caro Nicola: una grande sindaca liquidata dal suo partito. Fu costretta alla fine a ricandidarsi da sola contro quel partito e ricordo con dolore che io scrivevo che lei aveva ragione ma che doveva mollare, non candidarsi per non dividere i voti ella sinistra e consentire alla destra di vincere. Come avvenne. Ma fu forse la volta in cui nel mio lavoro la razionalità politica si scontrò con più forza con i miei sentimenti. Non so se continuerai a fare il sindaco. Se sì, sarà un’altra cosa. A tutti noi, che sia vero o no, darai l’impressione di un ostaggio. Di un bravo amministratore (merce rara al giorno d’oggi), di un uomo perbene, di un politico che sceglie in base alle idee e non ai sondaggi di opinione. Ma un ostaggio, caro Nicola. Magari andrà a finire che costringeranno anche te a ricandidarti da solo. Questa volta penso che non vinceranno le destre ma i 5 Stelle. Forse i tuoi avversari contano su una loro presunta poca capacità amministrativa e ipotizzano una nuova crisi dopo un anno e un loro ritorno con l’aura da salvatori della patria, dopo avere fatto fuori te e quelli come te. Forse sto andando troppo avanti, è fantaturo. Boh. Io so solo che il presente è fatto di un sindaco galantuomo di sinistra rimasto dentro una rete tesa dalla sinistra.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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