Io di alimentazione e di medicina non ne capisco niente. Però sono un collezionista. E non ho soltanto i primi cinquanta numeri di Tex da 15 lire formato striscia (anche quelli di quando il prezzo è salito a venti lire e anche le raccolte da 200 lire), ma anche roba più scottante, tipo tutti i numeri di Selezione dal Reader’s Digest dal 1948 al 1959. Selezione era un giornale che aveva la casa madre in America ed era naturalmente filo americano sino all’intestino. Buffissima l’esaltazione della superiorità Usa in ogni campo. Commovente la paterna comprensione con cui accompagnava i nostri primi passi di italiani nell’impero occidentale (“Attenti ai comunisti, eh!). E, soprattutto, bellissime le pubblicità, in particolare quelle disegnate dalla nascente grafica italiana, credo la migliore in Europa. Tra le pagine pubblicitarie di autori non italiani abbondavano quelle delle sigarette e Selezione era uno dei pochi che le pubblicasse prima del formale divieto. E siccome subisco il fascino del passato per provare poi l’ebbrezza di ritornare al futuro ripulito di tutti i falsi miti, sono andato a leggermi i numerosi articoli a favore del fumo. Proprio così: mentre circoli di ricercatori medici sempre più diffusi trovavano il coraggio di affrontare l’enorme e minaccioso potere dei produttori di tabacco, dicendo al mondo che le sigarette uccidono, Selezione di fatto dava loro degli sciocchi, riservandogli lo stesso atteggiamento che usava per gli alleati dei comunisti: “Ma non vi rendete conto di dove andate a parare?”. E diceva che non è provato che il fumo faccia male, che anzi fa bene, raccontava aneddoti su gente che fuma e campa cent’anni, “La mia prima sigaretta”, “Una sigaretta che non dimenticherò mai”, quanti sono gli occupati nell’industria del fumo che rischiano di restare disoccupati, e via dicendo, sino ad ammettere dopo qualche anno che qualche rispondenza tra fumo e malanni c’era, “ma basta non abusarne”. Insomma, roba di una superficialità evidente che però immagino abbia influenzato moltissimo l’opinione pubblica di quei tempi in cui il giornale era diffusissimo. E chissà se c’è stato qualcuno che non ha smesso di fumare per questo motivo. E che magari si è beccato il cancro ai polmoni o un infarto prematuro. Ecco, tutto questo per dire che quella contro campagna sulle sigarette mi richiama alla memoria alcuni toni di quella attuale in difesa delle carni rosse, soprattutto quando non si limita a ricordare che se ne mangi poche non dovrebbero nuocerti più di tanto, ma si avventura in cazzate di carattere pseudo storico o antropologico. E pensare che credevo che ora tutti noi fossimo meno ingenui di allora. E ve lo dice uno che mangia anche carni rosse e che quando ha smesso di fumare era arrivato a quota tre pacchetti (sessanta sigarette) al dì. Ma che non ha mai avuto la faccia di culo di consigliare a tutti di fare come lui.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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