Grillo dice che bisogna andare verso un mondo “a carceri zero”. Cioè un mondo dove la legge del taglione eletta a cultura giuridica venga messa in soffitta. Ci sono due letture di questa presa di posizione. La prima è la più scontata ma non necessariamente quella giusta: il populismo che diventa iperpopulismo, Grillo che fa come certe vincitrici di concorsi di bellezza che dicono agli intervistatori che vorrebbero la pace nel mondo e “l’abolizione del debito”. Se chiedi quale debito, silenzi imbarazzati. Cioè un Grillo socialmente buono, talmente sicuro di sé e del suo movimento che non ha paura di essere preso per un intellettuale buonista di memoria piddina, di quelli ai quali i suoi seguaci e i suoi alleati dicono pidiota oppure chiedono “e il Pd?” anche se stanno parlando di una nuova generazione di fitofarmaci contro le larve dei lepidotteri degli orti. L’altra ipotesi è che Grillo si sia buttato in una delle questioni più spinose e insieme più alte del moderno stato sociale: il concetto di pena. E che lo faccia nel momento meno adatto, proprio quando impera un’opinione pubblica estremamente violenta e di destra, poco propensa ai ragionamenti complessi qual è quello di una riforma addirittura filosofica del sistema punitivo. Un’opinione pubblica che imperversa nei social e soprattutto nei sondaggi e che determina scelte di partiti e di governi che anziché governare continuano eterne campagne elettorali, l’unica loro forza politica. Un’opinione pubblica che Grillo ha contribuito a creare in Italia, trascurando che l’altro grande formatore era un sottovalutato Salvini che adesso di populismo sta mostrando di capirne molto più dei 5 Stelle. Che cosa sta accadendo a Grillo perché oggettivamente si affianchi a uno dei più grandi e sottovalutati intellettuali e politici italiani, cioè Luigi Manconi? Tutt’altro che populista ma da sempre molto vicino al popolo, Manconi è tra i principali esponenti europei del movimento per la riforma del concetto di pena. Non sto a elencare le motivazioni di Grillo sulla necessità di arrivare all’abolizione delle carceri, le troverete su tutti i media. Io personalmente le condivido più o meno tutte, nonostante giudichi Grillo, il M5S e questa alleanza governativa dalle pericolose venature fasciste una tra le più grandi disgrazie toccate al mio Paese dal dopoguerra ai giorni nostri. Magari sotto questo articoletto compariranno commenti più o meno educati, più o meno corretti, più o meno civili nei quali si dirà che le vere disgrazie sono i radical chic o i comunisti o i buonisti o chissà quale altra categoria della quale lo scrivente fa parte. Io non mi fido di Grillo. Dal mio punto di vista ne ha combinate troppe. Però ammiro il coraggio con il quale ha affrontato il tema delle carceri. Sta sfidando la miseria morale e l’ignoranza del peggiore populismo. Bisogna dargliene atto. Se poi si scoprirà che scherzava, pazienza.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design