Cara Virginia, non ti conosco, ma ho letto un tuo post su Facebook che mi ha dato da pensare. Sei di Olbia e in quelle poche righe hai trasmesso tutta la frustrazione e la rabbia per avere rivisto, due anni dopo, la tua città in ginocchio: ne hai tutto il diritto, anzi ne hai il dovere. Poi concludi esortando il sindaco “a svegliarsi”, attribuendogli parte della responsabilità di quel che è successo. Gli chiedi: “Cosa stiamo aspettando?”. Insomma, la colpa è del sindaco. Il sindaco risponde di tutto, fare da parafulmine è tra le spiacevolezze del suo ruolo istituzionale: lo conosco poco, il sindaco, ma credo se ne farà una ragione. Non ha manco imbracciato la pala per andare a spalare fango, come colleghi molto più glamour di lui hanno fatto per poter poi postare la foto su Facebook. Ma è per questa cultura del presente e della semplificazione che io ti scrivo, pur non conoscendoti. Questa abitudine di trovare cause, responsabili e colli da infilare nella gogna solo tra azioni e volti del nostro oggi. Questa legge dell’uno che deve pagare per tutti. Hai 16 anni e il futuro ti appartiene, si dice in questi casi. Appartiene a te e a chi ha la tua età, non al sindaco del momento, qualunque nome esso abbia. Virginia, quando tu non eri ancora nata io e cronisti molto più bravi di me già scrivevamo di Olbia ridotta ad un pantano, dopo ogni acquazzone. Di sindaci ne sono passati come l’acqua sotto i ponti, gli effetti di quell’acqua sono peggiorati di anno in anno. Hai 16 anni e credo tu vada a scuola. Se vai a scuola, studi la storia. Se studi la storia, i tuoi professori ti avranno insegnato che il presente è sempre la somma di quel che siamo stati nel passato, meriti ed errori. Se a Olbia hai rivisto ieri le stesse scene di due anni fa è per tutto questo passato di cui, oggi, paghiamo il conto. E se ieri non ci sono stati morti, forse è anche perché qualcosa dal passato abbiamo imparato. Lo so che hai bisogno di aiuto adesso, lo so che ora bisogna pensare a salvare il salvabile, lo so che questi discorsi oggi ti sembrano demenziali: lo capisco il tuo sfogo, due anni fa sott’acqua ci sono finito anche io. Ma io credo che tu e quelli che hanno sedici anni come te, finita l’emergenza, abbiano il dovere di capire se è stata solo fatalità o se, invece, si può fare qualcosa per evitare che tutto questo si ripeta. Andate per le strade, fatevi accompagnare dai vostri professori quartiere per quartiere, cercate di capire cosa non ha funzionato e cosa non bisogna ripetere. Siate protagonisti, non aspettate che altri lo siano per voi. Capirai che non è mai colpa di una sola persona, che la realtà è molto più complessa perché si possa addebitare ogni responsabilità al sindaco del momento, qualunque nome esso abbia. Non è giusto, ma soprattutto non serve. Serve, invece, che tu chieda come sia stato possibile costruire tutta una città, nei decenni scorsi, senza prevedere il pericolo. Il futuro è vostro. E ora giro a te la domanda che tu hai rivolto al sindaco. “Cosa state aspettando?”
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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