La cessione della cantina Capichera da parte della famiglia Ragnedda è un grosso dispiacere.Tutta la mia vita è avvenuta ad Arzachena e la cantina era un gioiello che ci faceva sentire orgogliosi di essere uomini e donne di questa comunità.
Non era solo l’azienda in sé, ma il fatto che fosse nata e cresciuta, con la meritata reputazione di marchio di gran prestigio, grazie al genio di una famiglia di Arzachena. Genio, parola non usata a caso.Esisteva un’entusiasmante anedottica sui sottili e sagaci sistemi di marketing estemporaneo usati dal fondatore Sebastiano e dai figli per far conoscere la loro cantina, dai primi anni ‘80, nei più importanti ristoranti italiani: ne eravamo conquistati e ci faceva sentire vincenti.Soprattutto, ci liberava dell’antico pregiudizio con cui ci guardavano in particolare gli altri sardi, quello dei miracolati cui la Costa Smeralda era caduta dal cielo come una colossale botta di culo e nulla sapevano fare che non fosse in qualche modo legato al mare e alle vacanze dei ricchi importati dall’Aga Khan.
Invece i vermentini nelle fiaschette impagliate venivano dalla nostra nuda terra, dall’arte antica del vino, e il mare manco si vedeva da Capichera, sulla strada per Luogosanto, con le tombe dei Giganti di Coddu Ecchju accanto e che lì ci stanno da tremila e passa anni.Potevamo e sapevamo fare altro, non eravamo solo capomastri, baristi, camerieri e guardiani.
Ho fatto la settimana bianca per undici anni consecutivi: non c’era enoteca di lusso, in Valtellina o in Val di Fiemme, a Livigno o a Madonna di Campiglio, dove non si trovasse una bottiglia di Mantenghja o di Vendemmia Tardiva. E se dicevi di essere di Arzachena, il titolare veniva a stringerti la mano: non me lo hanno raccontato, è successo a me.Sapevano da dove venivo non per il mare, ma per il vino.Molte altre cantine sarebbero venute dopo, Surrau in testa, ma il merito di aver aperto la strada è di questi miei compaesani che sapevano fare impresa e anche l’inglese.Per tutto questo mi dispiace che gli arzachenesi Ragnedda non siano più i proprietari di Capichera.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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