Internet ha moltiplicato il numero degli opinionisti politici. Non è più necessario essere firme di un giornale: basta aprire un blog o un sito e se uno ne ha voglia può raccontare al mondo il suo punto di vista sullo stato di salute della democrazia, dalle delibere del piccolo Comune ai massimi sistemi del Parlamento. Il mercato decide poi il gradimento e la credibilità di questi osservatori, spesso giornalisti precari senza impiego fisso.
Capita, durante le campagne elettorali, che i politici guardino con interesse a queste voci, cercando di assicurarsene le prestazioni quando colgono affinità di vedute, magari affidando loro regolari compiti di comunicazione attraverso un onesto rapporto di lavoro . Oppure per questi cani sciolti il candidato nutre sospetto e preoccupazione. Scatta allora una vecchia procedura che provo a illustrarvi.
Il candidato, che avrebbe mille modi per contattare direttamente l’opinionista, gli manda a dire attraverso un comune amico/a che avrebbe necessità di sentirlo o incontrarlo per proporgli una collaborazione, restando però sufficientemente nel vago. Lascia naturalmente intendere, senza dirlo espressamente, che deve essere l’opinionista a chiamarlo, stabilendo dunque da subito una posizione forte nei confronti dell’interlocutore: se ti interessa lavorare, dimostralo cercandomi.
A quel punto possono accadere due cose: 1. che l’opinionista stia al gioco e cerchi di stabilire il contatto, trovando ripetute difficoltà a parlare con l’impegnatissimo candidato, costretto a saltare da un comizio all’altro; 2. Che l’opinionista aspetti inutilmente la telefonata del candidato e l’ipotesi di collaborazione, lentamente, sfumi.
Perché il politico aspirante ad una qualche poltrona si muove in questo modo?
In una buona percentuale dei casi che ho potuto osservare, il candidato non ha alcun reale interesse ad una collaborazione con l’opinionista, di cui diffida fortemente. Allora tenta di lasciarlo sospeso in un limbo di attesa, durante il quale spera di neutralizzare commenti o inchieste insidiose che potrebbero danneggiare la sua campagna elettorale. “Gli ho promesso un lavoro, mica può attaccarmi…”.
Naturalmente la grande maggioranza dei liberi opinionisti continua a scrivere ciò che crede esattamente come se quella proposta non ci fosse mai stata, ma la suddetta procedura è significativa della considerazione che certi politici hanno dei comunicatori: gente pericolosa, da addomesticare promettendo un qualche succoso boccone.
Ai politici che ancora ricorrono a questa vecchia tattica, vorrei dire che ormai la conoscono tutti. A quei pochi opinionisti che ancora non la conoscessero, vorrei consigliare di continuare a scrivere come se quel comune amico non vi avesse mai mandato a dire che.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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