Da bambina giocavo a tennis.
Ho iniziato intorno ai 10 anni e non ho mai smesso. Il Tennis Club, che frequentavo quasi quotidianamente, annoverava soci prevalentemente maschi e gli unici gonnellini che svolazzavano tra i campi erano il mio e quello di una compagna di scuola. Gioca oggi gioca domani, a furia di sfidare virili racchette, eravamo diventate abbastanza bravine. Gli avversari avevano anche smesso di destinarci il privilegio di essere esonerate da servizi, diritti o rovesci a velocità supersonica e, dopo anni di incessanti allenamenti, gareggiavamo in maniera abbastanza paritaria. Avevano invece mantenuto inalterata un’abitudine che mi mandava letteralmente in bestia: proponevano una partita, in singolo o doppio indifferentemente, ed accompagnavano la sfida con un’aberrante concessione: – Dai, voi partite con 3 game di vantaggio –
Rifiutavamo sdegnate e talvolta anche un po’ incazzate. Va da sé. Ricordo che una volta, animata da un temperamento più spigoloso di quello odierno, avevo risposto:
“Vattene affanculo e il vantaggio concedilo a tua sorella!”
Quell’agevolazione, che ai loro occhi voleva essere una premura, mi umiliava nel profondo. Sminuiva le mie capacità, offendeva il sacrificio negli allenamenti e mi mortificava enormemente.
Esattamente come ritengo lo siano le quote rosa.
Non sono maschilista, non sono femminista: sono per la parità. E se parità dev’essere, che lo sia anche nella competizione. Riservare una corsia preferenziale, come fosse un parcheggio per disabili, offende l’intelligenza femminile. Uomini e donne sono diversi, ma si tratta di quella differenza che non prevede la superiorità dell’uno o dell’altro. Quanto, semmai, propensioni diverse. Aree del cervello che lavorano in maniera distinta regalando, all’uno o all’altro, propensioni squisitamente individuali.
E’ assolutamente vero che la donna, nel corso della storia, è stata sempre relegata in seconda fila e le sono stati negati ruoli che, invece, avrebbero dovuto attribuirle per indiscusso valore. Ma è anche vero che essere donna non è un merito, così come non lo è la giovinezza.
Ci sono donne straordinariamente competenti ed abili, ce ne sono delle altre estremamente idiote ed impreparate. Così come gli uomini, eh?!
E se decido di accettare la sfida, affilo le mie armi e dimostro di meritarlo quel posto al quale ambisco arrivandoci con la rivelazione delle mie competenze e non con un avvilente passaggio privilegiato. Quei 3 game di vantaggio concedili a tua sorella, semmai!
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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