Camminare è un po’ stare da soli con se stessi, alla ricerca di una pace neppure interiore, una pace vera, creativa, appagante. Sentire il rumore dei propri passi è come inserire delle pause contemplative nei pensieri: virgole e punti, parentesi e ripartenze. Camminare è un esercizio di stile: è volare sapendo di continuare a mantenere i piedi per terra o, meglio, sulla battigia. Ho letto il bellissimo articolo di David Le Breton su “La Repubblica” e sono rimasto folgorato dall’amore per la “camminata”. Ho viaggiato con lui nelle intersezioni dell’anima e mi son detto: è tutto bello, infinito in un universo finito. Quasi perfetto. Sentivo mancava qualcosa. E ho capito: mancava il rumore delle onde, il poter camminare sulla riva del mare. Questo ho fatto per anni e questo continuo a fare: non percorro chilometri tra i sentieri di montagna o tra i fiumi o laghi. Cammino sulla sabbia, affondo dolcemente su quel terreno apparentemente molle, quasi inesistente e sempre disponibile a modificarsi al tuo passaggio. Capisco il camminare di Le Breton e mi rendo conto che non è il mio. Abbiamo due visioni della camminata diverse anche se maciniamo gli stessi metri e raggiungiamo la stessa meta. Un conto è farlo da terra, un’altro sfiorando il mare. Sono proprio due modi di vedere il mondo. Ho pensato a questo mentre leggo di programmi, promesse, flat tax, giustizia ed ingiustizia, clandestinità, cittadinanza, guerra e furbizia, tattica e strategia. Camminando sulla mia spiaggia con la dovuta lentezza, con l’assoluta consapevolezza che ogni volta quella battigia sarà sempre diversa, seppure immensamente uguale al mio passare, comprendo l’immensa differenza tra chi cammina sul terreno e chi, come me, sulla sabbia. Lascia ombre diverse, ha un rumore di passi più assolato, ha una visione del mondo difficile da unire. Io sono un camminatore da spiaggia e la politica preferisce camminare su terreni sicuri e delineati. Difficile incontrarsi, ma non impossibile. Sono disposto a lanciare i miei passi tra la montagna e il mare, tra la pianura e il lago ma attendo, con molta curiosità, che qualcuno provi la strada mai disegnata tra la battigia e il mare. Provate a camminare e sentire i vostri passi. Provate ad ascoltare il silenzio delle onde e sentire il vociare stridente delle vostre parole. provate a camminare guardandovi intorno e provate, una buona volta, a considerare i passi di tutti, anche di quelli lenti e ovattati di chi ha la necessità di osservare il mare. E un orizzonte più lontano dal vostro oggi, dal vostro adesso, dalle vostre inutili camminate su un palco urlante e promettente. Ascoltate i vostri piedi e fatevi trasportare da chi di strade se ne intende. Scoprirete un mondo più ampio e più vero: tra la montagna e il lago, tra la pianura e il fiume. Tra la libertà e il mare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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