Non ho ancora una idea precisa sulla quantità di nuovo cemento che sarà versato sulle coste della Sardegna, per effetto di questo articolo della legge casa votato in Consiglio regionale. Votato contro la linea tracciata dal governatore Pigliaru, quindi carico di contenuti politici. Non ho un’idea precisa di quel che succederà, ma pare di capire che sia una cosa grossa se i giornali parlano di ampliamenti massimi di 90 metri cubi per ogni unità immobiliare nei Comuni senza Piano urbanistico e di 120 per i Comuni con Piano urbanistico. Parliamo, sia chiaro, di zone F, quelle destinate a seconde case ed alberghi.
Prima considerazione: il blocco dell’edilizia costiera dettato da Soru nello scorso decennio è stato definitivamente sconfessato, da quello stesso centrosinistra che – coerente allora, coerente oggi – fece colare a picco la Giunta Soru nel 2008. L’idea del paesaggio di Soru ha perso.
Seconda considerazione: bisogna cancellare il luogo comune secondo cui nel Partito Democratico sia custodita la coscienza ambientalista della sinistra che fu, perché il Partito democratico rappresenta gli interessi del cemento né più né meno del centrodestra. In Gallura, ad esempio, certi potentissimi gruppi del cemento schierati col centrosinistra hanno storicamente controllato molte amministrazioni costiere, risultando assai influenti nello stabilire le linee del loro sviluppo. In altre aree della Sardegna è accaduto lo stesso. La mutazione genetica del centrosinistra in questo ultimo decennio ha fatto il resto. Preciso questi aspetti perché sono importanti per capire quel che sembrerebbe essere accaduto ieri (lascio quel condizionale, in attesa di capirne qualcosa di più).
Terza considerazione: sembrerebbe escano penalizzati i Comuni, pochi, che hanno approvato il Piano urbanistico e hanno avuto il coraggio di stabilire regole certe per la loro espansione, mentre quelli che hanno proceduto a colpi di deroghe e varianti – ogni caso una regola – vengono salvati.
Quarta considerazione: sono curioso di sapere se i paladini della Sardegna, quelli che incitano alla rivolta contro gli inceneritori e le scorie, alimenteranno campagne indignate anche sul ritorno del cemento.
In un suo post su Facebook di qualche settimana fa, il consigliere regionale Efisio Arbau (gruppo La Base, costola del Pd) sostenne che la programmazione urbanistica andasse lasciata alla sensibilità dei Comuni. Interpreto: lasciamo decidere tutto alle amministrazioni locali e aboliamo un indirizzo generale. Immagino cosa accadrebbe se questo principio venisse legittimato in quei Comuni costieri dove costruttore e amministratore sono spesso la stessa persona. In una licenza edilizia c’è solo l’interesse (legittimo, per carità) di chi la richiede e la rilascia, non la coscienza di una comunità.
Una Sardegna che torni al cemento sulle coste potrebbe essere rappresentata come il bordo di una pizza. Un volante di crosta, un cornicione secco di pasta bruciacchiata. Dentro quel cornicione, il vuoto: mancano formaggio, pomodoro, origano e tutti gli altri ingredienti, cioè le vere vocazioni della terra. Contenti voi… (nella foto, l’hotel Romazzino nel 1970)
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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