Buttate già quella chiesa!
Può darsi che Cosimo Filigheddu e Sandro Roggio ci restino male, nel leggere che la scoperta della finestra gotica nascosta o il ritrovamento di quel passo dell’allocuzione di Pio IX non sono i dati che ho trovato più affascinanti nella loro scrupolosa indagine materializzatasi nel saggio “Buttate giù quella chiesa – Santa Caterina, la vera storia della demolizione”, appena dato alle stampe dalla Editrice democratica sarda.
Per il lettore che non sapesse di cosa si stia parlando, dirò che il giornalista e scrittore Cosimo Filigheddu e l’architetto e scrittore Sandro Roggio hanno dedicato gli ultimi mesi ad una singolare indagine: scoprire il perché un monumento storico dell’antica Sassari, la chiesa di Santa Caterina, sia stata “atterrata”, cancellata dal centro storico di Sassari, eliminata dalla Piazza Azuni sulla quale si ergeva fino alla metà dell’Ottocento, una eliminazione fisica cui è seguita anche una dissoluzione della memoria sulle ragioni di quella scelta urbanistica. Esistono solo pochi disegni della Chiesa dalla maestosa scalinata, mentre il miraggio di una foto apparsa su Facebook qualche mese fa si è dimostrato, appunto, solo un miraggio. Come dicevo in avvio, ci sono due dati oggettivi di grande importanza.
Sulle rovine di quella chiesa era nato, un secolo e mezzo fa, un edificio civile, tuttora esistente. Ed è visitando quell’immobile privo di energia elettrica che i due autori hanno letteralmente fatto luce – usando la funzione “torcia” del cellulare, scrivono – su un frammento dello scomparso luogo di culto. La finestra gotica in stile pisano, dall’inconfondibile forma appuntita, misteriosamente sopravvissuta alla demolizione, testimonianza della struttura nata in epoca basso medievale e dedicata alla martire Santa Caterina. E poi c’è la scoperta di quell’allocuzione del discusso Pio IX, il Papa del Risorgimento, presentata segretamente ai cardinali nel gennaio del 1855. Nell’elenco delle ingiustizie che il pontefice di Senigallia imputa ai Savoia, c’è pure l’abbattimento della chiesa sassarese.
Un dettaglio che spiega come il Vaticano considerasse quell’abbattimento una sorta di sfregio, uno schiaffo al proprio prestigio, non attenuato dalla scelta di spostare la parrocchia in un’altra chiesa della città. Però, come dicevo in avvio, il fascino di questa ricerca condensata in poco più di un centinaio di pagine (bibliografia e sezione immagini compresa) sta nella capacità di raccontare la Sassari di quel tempo, di farne respirare i sentori. Citando e interpretando Enrico Costa, Vittorio Angius e Pasquale Tola, talora mettendone in discussione le conclusioni, ma anche “sfruttando” il lavoro dei custodi delle fonti storiche conservate a Sassari. È la Sassari che respira l’aria inebriante del Risorgimento e la cui aristocrazia culturale si riunisce al caffè Bossalino, la Sassari che scaccia i Gesuiti, la Sassari che sui gradoni della chiesa di Santa Caterina vede sedersi poveri e ricchi, in un mescolarsi indistinto di censo e condizione sociale. Ma è anche la Sassari che, dal 1855, viene messa in ginocchio dalla apocalittica epidemia di colera che decima la popolazione.
È la Sassari del parroco di Santa Caterina Giovannico Cossu Grana, una figura chiave della storia. Perché se la demolizione poté essere giustificata dal pericolante stato della costruzione, secondo il Tola fu anche a causa della torbida gestione del fondi imputata al prete, ormai defunto quando casa Savoia deliberò l’abbattimento. Anche la scoperta di questa malversazione si deve a Filigheddu e Roggio, scovata grazie all’analisi di documenti inediti. È anche la Sassari dei viaggiatori documentaristi, come il fotografo parigino Edouard Delessert, la cui permanenza in Sardegna è documentata dalla foto scattata allo sbarco a Porto Torres dal piroscafo “Piemonte”, mezzo navale ben noto ai conoscitori dell’impresa garibaldina. Con quella chiesa, smontata pezzo per pezzo, scompare un’età della nostra storia e ne subentra un’altra, anche nell’isolata e lontana Sardegna. Finisce tutto un mondo. Cosimo Filigheddu e Sandro Roggio, acuti osservatori della storia, lo hanno capito e spiegato nei tempi e nei modi giusti, in questa loro appassionante ricerca, mai noiosa o pedante.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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