Tutto quello di cui aveva bisogno, per poter far sopravvivere la mente, era una penna con un calamaio. Emilio Lussu, dalla cella di Buoncammino, scosse il capo. Ne aveva visto, in guerra, di morti, ma mai avrebbe pensato ad un incidente simile, nel pieno centro di Cagliari. Un’accozzaglia di manigoldi fascisti lo aveva inseguito durante la sua passeggiata cagliaritana. Lui, eroe decorato di guerra, linciato da quella canaglia di fascisti, non si era scomposto, aveva solo affrettato leggermente il passo, per guadagnare la propria abitazione. Uno di costoro, impavido, era penetrato dalla finestra. E Lussu, vero eroe di guerra, la mira ancora buona aveva. Iniziò così l’odissea carceraria di Lussu nel carcere cagliaritano di Buoncammino. Un anno intero in attesa di giudizio, prima di essere scagionato per legittima difesa e, tuttavia, confinato insieme alle altre teste pensanti, dalla dittatura fascista, nell’isola di Lipari. Oggi che il carcere cagliaritano, riferimento panoramico, storico e visivo della città, si è svuotato d’improvviso, gli spettri delle anime che hanno soggiornato tra quelle mura, persone note e meno note, sembrano manifestarsi con un soffio, un rantolo, o un mulinello di polvere sollevato da qualche alito di corrente penetrata chissà come in quegli androni. Susanna Piga, ricercatrice, scrittrice e fotografa, già autrice del libro “Cagliari Scritta con la Luce”, esce oggi con una nuova opera, “Al di là del Muro” (Carlo Delfino Editore, 155 pag., 15 euro). Se nel primo libro “concept” sulla città di Cagliari, veniva offerto uno scrupoloso lavoro di ricostruzione documentale della storia della città, mediante il confronto delle fotografie di ieri con quelle di oggi, con il nuovo libro sulla dismissione del carcere di Buoncammino, Susanna Piga immortala con le sue immagini un momento storico della città. La città si distende sotto il colle di Buoncammino. Da un lato, l’ingresso verso la storica cittadella fortificata, la stessa che ha dato il nome in vernacolo alla città, Casteddu; d’altra parte, percorsa la passeggiata nel viale, si scende verso i quartieri popolari e l’hinterland. Sotto giace l’anfiteatro romano, gli ospedali, e poi, ancora più in là, lo storico quartiere de La Marina. La costa meridionale dell’isola chiude l’orizzonte marino, e lo separa dal cielo. Dall’alto, la città sembra formata da lingue di terra che si propendono verso il mare e gli stagni, e da questi ne sono circondati. Il carcere, svuotato delle sue anime in pena, posto a guardia di uno dei punti panoramici della città, sembra attendere così la ricongiunzione con la città matrigna. E’ un momento saliente, per la città. Il mondo della gente che sta al di là del muro inizia, timidamente, a prendere possesso di quegli spazi, fino ad ora rimasti nel cono d’ombra della storia. E così l’autrice ha una ispirazione. Profonda conoscitrice delle vicende storiche della città, non si accontenta di operare solo la ricostruzione documentale, ma decide di fare la storia, di testimoniare l’evento. Chiede di poter entrare nel carcere vuoto e, dopo le formalità burocratiche di rito, viene infine accontentata. Susanna Piga entra in quegli spazi per documentare la semantica del recente vissuto e dell’abbandono. Scatta migliaia di foto. Le più significative, ben 256, finiscono a corredare il minuzioso racconto storico del carcere cagliaritano. Il carcere nasce nel 1855, come evoluzione etica e giuridica della concezione stessa del trattamento dei reclusi. Le vicende storiche e le motivazione che hanno portato alla nascita del nuovo carcere sono descritte minuziosamente dall’autrice ed accompagnate da mappe e fotografie frutto di indefesse ricerche d’archivio, che vanno a completare l’opera di documentazione fotografica. Le immagini raccolgono frammenti di storia dei reclusi. Vettovaglie abbandonate, suppellettili improvvisante, disegni, piccoli murales, scritte. Muri scrostati, chiazze di umido, finestrelle anguste verso l’esterno. Un sistema sociale chiuso, alimentato da un tenue collegamento con il mondo che si trova “al di là del muro” rappresentato dalle visite dei parenti, della burocrazia, dai vari canali più o meno leciti di ingresso di mercanzie che ancora, quei carceri vecchia maniera, consentivano. Una sorta di cordone ombelicale con la città; un po’ come lo stagno, dove il tempo scorre lento, e viene alimentato dal canale che sfocia nel burrascoso mare. Tutto scorre lento, nello stagno, si potrebbe dire, ma mai come la burocrazia che attende di restituire alla città, definitivamente, un pezzo della sua storia. E del resto anche il recupero e il restauro conservativo di un edificio monumentale ha i suoi costi. Per il momento, in attesa che l’intero, mirabile complesso architettonico possa essere recuperato, oltre che per gli uffici pubblici della direzione ministeriale, anche alla cultura, magari con la creazione di un museo tematico, il tempo viene catturato da questa preziosa opera di Susanna Piga, che è documento storico e suggestione nel medesimo tempo.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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