Il giorno di ferragosto gli algheresi non vanno al mare. Troppa gente si diceva ai miei tempi. Sono cresciuto con questa curiosa tradizione e incrollabile certezza: il giorno di ferragosto al mare ci sono i turisti ma, soprattutto “lus saldus”. Questa catalanità sdrucciola e, per certi versi razzista e antipatica, faceva parte del mio essere “algherese” a tutti gli effetti. Pensate come ci sono rimasto il giorno che mio zio telefonò e disse: “A ferragosto siamo tutti al mare”. Fui preso dalla disperazione. Non potevo e non dovevo. Però, dall’altra parte c’era mio cugino, compagno di giochi e di avventure, mica potevo dire che un buon algherese a mare, il giorno di ferragosto non ci andava. Cominciai a sondare il terreno tra i miei amici, quelli con i quali tutti i giorni facevamo le gare in bicicletta sino all’ospedale marino. Chiaramente nessuno di loro muoveva una ruota. “Figurati, il giorno di ferragosto. Pieno di sardi con gli ombrelloni e le angurie”. Mio zio, infatti, faceva parte della categoria dei “sardi”: proveniva dall’entroterra e lavorava tutta la settimana. La domenica e il giorno di ferragosto era libero. Non c’era speranza alcuna. D’altronde se non fossi andato mio cugino non mi avrebbe più rivolto la parola. Cominciai lentamente a cercare un piano di fuga. Mal di pancia? Troppo semplicistico. Slogatura del piede? Complicato e inverosimile. Optai, dopo lunghi pensieri per la febbre. La tecnica era sempre quella: scaldare il termometro vicino alla lampadina, farlo salire intorno a 39 e il gioco era fatto. Mia madre, chiaramente, cominciò a preoccuparsi: “Proprio oggi che arriva tuo zio e tuo cugino” diceva quasi disperata. Facevo spallucce e fingevo di lamentarmi. “Devi stare al caldo, aggiungeva” e cominciavo davvero a pentirmi della tradizione catalana. Magari, proprio in quel momento, mio cugino si era appena tuffato in acqua. “Avevo preparato anche le melanzane alla parmigiana”. La giornata si concluse con una bella sudata ma con la consapevolezza di aver salvato la mia catalanità. La sera mio zio venne a trovarmi, insieme a mio cugino. La cosa stupefacente è che non era solo. C’erano con lui due ragazze del paese, amiche di una cugina antipatica e pallosa. Loro, però erano davvero molto ma molto carine dentro i loro sedici anni. “Abbiamo giocato molto” diceva mio cugino. “a nascondino sott’acqua” aggiungeva. “Sai, a volte accadono cose strane sulla spiaggia”. Lo guardai con un certo odio e cominciaci a maledire la mia promessa di non andare a ferragosto in spiaggia. Non mi disse mai cosa realmente fossero le cose strane sulla spiaggia. Io, comunque, per coerenza, il giorno di ferragosto continuo a non andare al mare. Tanto, ormai sono vecchio e le cose strane non mi sono mai piaciute. Buon ferragosto a tutti i nostri lettori. Ovunque voi siate. Spiagge comprese.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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