Lo dico quasi sottovoce: io amo Dylan Dog.Ha compiuto trentasei anni, come i miei figli. E’ nato con loro, è cresciuto con loro. Mi ha accompagnato nelle notti insonni, mi ha divertito, entusiasmato. Mi ha fatto quasi dimenticare Tex Willer. E non è poco.Dylan Dog è, dunque, il mio figlio adottivo.Sclavi, il suo inventore, è un genio che è riuscito ad inventare un nuovo modo di concepire il fumetto. C’era riuscito solo un altro italiano: Luciano Sechi, in arte Max Bunker, con quella bellissima invenzione che è stato Alan Ford, fumetto perfetto nei suoi primi 76 numeri disegnati da quel genio di Magnus. Dylan è stato concepito per il fine millennio: cupo, londinese, grigio, con un velo di grandissima ironia.Dylan è quello che non si prende sul serio, si innamora di tutte le donne, adora le citazioni, la musica, ama non essere all’altezza, coltiva l’hobby di concludere un veliero, è abbastanza egocentrico e un tantino vanitoso, ma ci sta. E’ timido, tenero, dolce, amaro, eticamente perfetto. Il suo padre putativo è un irascibile amico, dolcissimo e amorevolmente imbattibile: l’Ispettore Bloch che teme, da una vita, di non poter andare in pensione (c’è stata un’evoluzione sulla serie generale e il buon Bloch, tra le altre rivoluzioni, è ormai un pensionato. Chiaramente dissento da tutto questo. E’ come se Kit Willer si sposasse e preferisco di gran lunga la serie “Old Boy”). Dylan è lo specchio dell’esistenza, del tempo che si ferma, di ciò che non si muove o si muove tantissimo. Quando qualcuno si guarda intorno si ricorda dei figli che giocavano con le costruzioni poi, da adolescenti leggono Dylan Dog e, da grandi, riescono ancora a dire: Giuda ballerino.Ecco, il tempo è passato, ma siamo rimasti quelli: figli di piccole cose che ci portano a dire: buon compleanno old boy e non mi dite che è solo un fumetto, ci resterei molto male.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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