Sembra passata una vita da quell’ultimo canestro del 26 giugno 2015 ed invece eccoci qui a provare a ripartire, con lo stesso nome e con lo scudetto cucito sulla maglia, ma con uomini e situazioni diverse. Succede quando si prova a crescere e a modificarsi: la famiglia cambia. Qualcuno parte, irrimediabilmente e qualcun altro arriva. Siamo ancora sospesi da quell’ultimo tiro gettato nel palazzetto di Reggio Emilia, tra l’inverosimile e lo stupore e dobbiamo ripartire. E’ la metafora della vita. Raggiunti alcuni traguardi se ne devono porre necessariamente degli altri. Subito i detrattori hanno cominciato a scrivere che sarebbe stato impossibile ripetersi. Certo, quando si arriva al culmine rimanerci non è semplice. Soprattutto nello sport. Occorre dimostrare di essere i più bravi e i più preparati, i più continui, quelli che ci credono sino alla fine. Però, a pensarci bene, vincere uno scudetto non è mica semplice in uno sport dove tutto gira velocemente, dove i secondi diventano capitoli di storia e dove è impossibile barare. Si riparte dunque e, come diceva un grande allenatore di calcio, prima che l’arbitro fischi la squadra è perfettamente disposta in campo ma poi, necessariamente, si muove. Ecco, quel movimento cambia tutte le proiezioni e mischia le carte, ripartire significa rimettersi in gioco e provare a vincere. Come se fosse facile, come se fosse la missione imprescindibile. Come se fosse l’ultima partita da giocare. Però, se ci riflettiamo, la scorsa stagione si doveva giungere ai play-off e poi provare ad arrivare alle semifinali e poi, magari alla finale. Si capiva che era una storia tra Milano e Venezia, piazze solide e consolidate. Ma, per fortuna, lo sport riesce sempre a disegnare orizzonti paralleli, strade contorte e ripide da scalare dove, a volte, i più grandi non hanno la gamba adatta per spingere ed arrivare. Succede. Ed è successo che la Dinamo ha vinto il suo primo scudetto. Non partiamo dal presupposto che deve solo migliorare o rivincere. Sarebbe troppo semplice e, probabilmente, troppo scontato. Partiamo dal presupposto che quelle partite si debbano giocare, provare a ricamare disegni imperfetti, dove quel pallone nella profonda anarchia delle situazioni batta sul ferro e finisca per diventare canestro a dispetto di tutti. Buon campionato Dinamo. Buon campionato, campioni d’Italia.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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