Se una cosa non mi manca, qui nel bunker, è il fastidio di incontrare dal vivo quelli che sanno tutto.
Il web ne è ripieno ma questo non toglie nulla alla gradevolezza della privazione.
Certo, visto che non incontro neanche le altre persone, anzi le evito, perdo il gusto di schivare proprio loro, gli esperti, i signor sentenza, i capitòri del cosmo.
Intendiamoci, ognuno è libero di esprimersi su ciò che vuole e di prendere le sue brave cantonate. Ma, come dire, con giudizio, cum grano salis, senza strafare.
Questa invettiva dalle viscere della terra perciò, è mirata a chi fa gli straordinari.
D’altra parte la scarsità di luoghi per il ritrovo fisico, oggi che la gente inizia a farsi senso da sola, ad avere ribrezzo di sé, costringe tutti (quasi tutti) a ricercare sulla Rete quello che le feste dell’Unità hanno smesso di offrire: una comunità. In questa Festa Popolare continua che è il nostro social preferito, gli onniscienti impazzano.
Per di più, la semplicità raggiunta dai dispositivi elettronici non frappone ostacolo neanche un po’ alla voglia di educare che pervade quei pozzi artesiani di sapere. Non solo: la diabolica invenzione della foto profilo, il fatto che ognuno possa presentarsi al mondo con un’immagine scelta apposta per sembrare rispettabile favorisce l’impressione che chi parla sappia esattamente cosa sta dicendo. Ma il ricordo dato da decenni di frequentazione tra umani, quella che avveniva prima che nascesse l’Internet, gioca brutti tiri tanto che è facile immaginare questi gladiatori dell’intelletto, a dispetto della solennità con cui proclamano la Verità come fosse il segnale orario, è facile immaginarli dicevo, non togati, con stola di ermellino e corona di lauro sul capo bensì, cosa che faccio spesso, seduti sul water closet col dispositivo telefonico in una mano e la carta igienica nell’altra. E il mio indomito ottimismo più volte me li ha fatti sognare in preda a problemi di lateralizzazione, per un attimo confusi tra destra e sinistra, divenire consapevoli dello sgradito errore solo a cose fatte.
Trovo altresì curioso che, proprio nell’epoca storica in cui così grave sembra essere la piaga degli analfabeti funzionali, il web sia invece così turgido di Soloni. Se non avete nulla in contrario inizierei a sospettare che tra capire quasi tutto e non capire quasi nulla ci sia una membrana spessa quanto un bosone magro.
Ma cosa costringe una persona (si tratti di Uomo, Donna o estimatore di Trump) a intervenire in ogni discussione, a toccare ogni argomento, a informare il prossimo di qualunque cosa gli passi tra le tempie? Quale tipo di ingiunzione può trasformare un essere umano ordinario in un cartografo di vie maestre? E infine, cosa che inizia a interessarmi più di ogni altra: come si spengono questi Sapientino Clementoni senza pile?
La verità è che non ne ho la più pallida idea. E comunque, a parte tutto, non prendetemi troppo sul serio, non fate caso a me. Lasciatemi qui, insomma. I miei sono ormai solo i borbottii di un uomo (o ero un estimatore di Trump?) di un uomo dicevo, che da un anno ha lasciato la vita terrena (nel senso del terreno) per trasferirsi nel sottosuolo. È un problema mio se non vi sopportavo più e ho preferito guardarvi dal basso verso l’alto, o almeno pensarmi sotto di voi, nascosto come un topo, come una talpa a cui tutta quella luce non ha più nulla da dire.
Fa freddo nel mio bunker, e il tunnel carpale mi duole.
Lascio queste ultime parole non so bene per chi, non so più per quale scopo.
Stat Rosa pristina nomine, eccetera, eccetera, eccetera.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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