Più passano le settimane, più la vicenda di Budelli diventa vergognosa. Vista dall’interno del Consiglio direttivo del Parco, di cui sono componente, a tratti appare anche ridicola. L’isola sembra al centro di interessi politici che non hanno a che fare con la tutela dell’ambiente e con lo sviluppo economico di La Maddalena. O forse si, hanno a che fare, ma siccome siamo in Italia, ci tocca subire una tutela ambientale fatta da politici in doppiopetto e triplo sorriso, mentre lo sviluppo economico di una comunità diventa carne di porco per palati sopraffini.
Della poca trasparenza e della criticabile efficacia amministrativa del Presidente Bonanno dirò in altra sede.
Anche dello storico risultato ottenuto finalmente dal Consiglio Direttivo, nonostante il volere di Bonanno, di portare a casa un Piano del Parco fatto con la testa e col cuore, pensando a La Maddalena, ai suoi abitanti e alla sua spaventosa bellezza, anche di questo dirò in un altro momento.
E anche della lettera che Bonanno ha inviato ad Harte, al Ministero, alla Regione, al Demanio al Comune e alla stampa, saltando a piè pari il Consiglio e prendendo anche impegni al posto dei Consiglieri, anche di questo dirò in altra sede. Segnalo solo che, dopo tutto il casino in Consiglio e sulla stampa per blindare Budelli con una immotivata zona di riserva, visto che non era più possibile possederla giuridicamente, il Presidente tenta di tamponare le falle da lui stesso create, prima che la barca affondi. E che, anche questa volta, il Consiglio ha saputo della lettera da contatti dei destinatari, e non dal mittente.
E anche di questo dirò in altro momento.
Anche di Michael Harte ora non voglio parlare. Spero che le sue idee, se sono quelle che ho intuito, possano trovare spazio nell’economia e nella cultura dell’Arcipelago, che di idee e di capitali che rispettino il territorio abbiamo bisogno tutti.
È un’altra la cosa che voglio dire ora.
La scelta di rendere Budelli una riserva integrale è una scelta violenta e ingiusta, come solo il potere sa essere. Questa scelta, maturata alla fine di una campagna ingannevole (quella del 2013, in cui 100.000 persone firmarono per evitare che Budelli “diventasse” privata, perché nessuno aveva spiegato loro che non era mai stata pubblica) e consolidata in qualche salotto romano, è un’ingiustizia nei confronti della popolazione locale. Gli autori di questa scelta sono il Presidente e i tre consiglieri che hanno deciso, per motivi diversi, di votare con lui, inopinatamente, l’istituzione della riserva integrale su Budelli. L’Arcipelago di La Maddalena ha un territorio ridottissimo e frammentato su sette isole principali. Se contiamo il sistema formato da La Maddalena e Caprera, su cui ci si muove in macchina o a piedi, stiamo parlando di 37 km quadrati. Per raggiungere gli altri 13 occorre la barca e molto carburante, perché gli altri 13 km quadrati sono le isole minori. Su questo territorio si muovono 12.000 persone in inverno e alcune decine di migliaia in estate. La decisione di Bonanno e dei suoi tre consiglieri comporta che Budelli sia sottratta a questo spazio vitale. Rendere Budelli riserva non significa cioè difenderla dal cemento: questa è una bugia che Bonanno ha difeso come verità e che Pili e altri hanno pensato bene di sostenere, aiutati dalla stampa. Rendere Budelli riserva non è nemmeno una scelta basata su dati scientifici: i tecnici che hanno lavorato in questi anni al Piano del Parco ci dicono che Budelli non merita lo status di riserva integrale, e che per tutelarla sia sufficiente quello di riserva generale, così come è sempre stata. Alla fine, rendere Budelli riserva integrale servirebbe solo a compensare la sconfitta subita in Consiglio di Stato: non è possibile comprarla? Allora la si blinda.
Si, ma a che prezzo?
Il prezzo lo pagano innanzitutto i residenti, in termini di libertà di movimento. In una riserva è possibile entrare solo se accompagnati da una guida. Una guida va pagata, tra l’altro. Quindi arriveremmo all’assurdo che un maddalenino debba pagare una guida, magari anche proveniente da un’altra regione d’Italia, per visitare un pezzo di casa sua.
Senza un motivo valido, è questo che mi fa bollire il sangue, senza un motivo valido.
Questo succede quando un Consiglio Direttivo viene formato con criteri che non tengono conto della territorialità in modo necessario ma solo aleatorio. In questo caso il parere di quattro rappresentanti della popolazione locale è stato vanificato dal voto di altri quattro membri non legati al territorio; una di questi quattro sarebbe anche maddalenina, ma scommetto quello che volete che mentre alzava la mano per rendere Budelli una riserva, non ha pensato al diritto dei suoi concittadini di muoversi liberamente a casa propria, come avevano fatto lei, i suoi antenati e i suoi coetanei. E quindi nulla, addio libertà. E senza alcun motivo razionale.
Quello in cui spero ora è una rivincita della ragione e dell’intelletto: che la procedura scorretta con cui si è tentato di imporre un voto inesistente venga bocciata dagli organismi competenti, a Roma o a Cagliari; che Budelli torni ad essere la riserva generale e protetta che è sempre stata e che si lasci la possibilità alle persone di posarci sopra, liberamente, i propri passi. Non è una passeggiata che rovinerà un’isola, e nemmeno il restauro di un rudere pieno di spazzatura ed erbacce. Chiudere Budelli alla presenza umana vorrebbe dire rovinarla, qualunque cosa succeda da ora in poi: infatti, se Harte decidesse di non comprare più, l’isola resterebbe abbandonata a quella stessa incuria con cui lo Stato tratta i propri beni. Se Harte invece restasse il proprietario di una Budelli in cui neanche i maddalenini possono liberamente entrare, l’isola sarebbe ferita a morte comunque: privata dei legami col suo territorio e con la sua storia, chiusa a doppia mandata da un titolo di proprietà e da una disciplina rigida.
Budelli è un’isola che ha raggiunto con gli uomini, nei secoli, un equilibrio. Non sta a quattro persone che con questa storia non hanno a che fare, decidere, oggi, che quell’equilibrio debba diventare un tesoro per pochi.
Budelli libera!
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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