Chissà che strade ci sono da quelle parti. Meglio, chissà se ci sono strade. O fiumi, laghi, colori e sorrisi. Lo penso sempre quando qualcuno ci abbandona e quel qualcuno è un pezzo della tua vita. Uno con il quale ci hai passato del tempo, hai provato a disegnare scenari, hai condiviso brandelli di vita. Lo penso sempre davanti a quella bara immobile che non regala nessun futuro e nulla racconta. Da piccolo frequentavo i matrimoni che, seppur noiosi, producevano barlumi di felicità. Adesso comincia ad essere troppo frequente la scenografia della morte. Sono uno che colleziona funerali di persone che, più o meno, avevano la mia età. E questo mi spaventa. Ascolto sempre con molta attenzione le varie omelie che ricordano chi ci ha lasciato. La mestizia serve a condire la bontà e la retorica. Però, come diceva De André, quando si muore si muore soli. Ieri un altro funerale. Quello di Bruno Porcu, operatore da 35 anni della comunità di Mondo X, morto a 67 anni per tumore. Come tanti che mi sono passati davanti con un lieve sorriso. Bruno, insieme a Padre Salvatore Morittu, riusciva a rendere le cose difficili di una semplicità unica: i tossici, i malati di Aids erano persone da ascoltare. Questi pensieri intensi che modellano la vita delle persone ritornano ogni qualvolta sono all’interno di un funerale, dentro un rito programmato per riflettere sulla vita e sulla morte, sul durante e sul dopo. E, credetemi, non ho troppe risposte ma solo molte domande. “Bruno”, ha detto nell’omelia Padre Morittu, è stato un punto di riferimento per molte persone. Lo sarà ancora nei ricordi di tutti quelli che lo hanno conosciuto”. Su questo sono profondamente d’accordo. Non ho pensieri alti da regalare perché se quando si muore si muore soli anche la sopravvivenza con i ricordi che affiorano diventa profonda solitudine. E rimangono le immagini. Di Bruno ne sono profondamente certo: viveva magnificamente a colori. Ma non perché fosse ultimo, solo perché lui, con gli ultimi, ci viveva e aveva le parole e gli sguardi giusti per accompagnarli a piccoli passi a riconquistarsi i sogni e la vita che, visto che ci siamo, vale la pena di essere vissuta. Come ha fatto Bruno, venditore di piccole certezze e “giusto” tra le strade contorte dell’esistenza.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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