La Saras tiene a farci sapere che “questa pubblicità non vuole vendervi niente”. Tanto ci tiene, da avere acquistato una doppia pagina de L’Unione Sarda perché tutti abbiano ben chiaro il messaggio: non vogliono venderci niente, solo ricordarci che da cinquant’anni (appena compiuti) sono una grande realtà industriale, investono tanti soldi in Sardegna e sfamano un sacco di famiglie. Concludono il pensiero promettendo che faranno “parlare i fatti”. Il messaggio lo hanno stampato – lo ha notato Roberto Virdis – in caratteri colorati. Un comune inchiostro nero avrebbe ricordato il petrolio, di cui nei messaggi a pagamento mai vi è stata traccia. Sono passati mesi, ormai, da quando questa campagna pubblicitaria è iniziata, ma ancora non sappiamo dove gli strateghi di casa Moratti vogliano andare a parare. In pubblicità si investe per vendere auto, carta igienica e merendine, ma loro non vogliono venderci niente. Solo che la pubblicità non sempre la si fa per vendere un prodotto. La pubblicità, spesso, ha una funzione opposta: serve per comprare. Comprare benevolenza, un trattamento amichevole o addirittura il silenzio, specie se decisioni importanti sono all’orizzonte. Serve per disinnescare discussioni dagli esiti insidiosi, neutralizzando i luoghi dove più facilmente esse si sviluppano: gli organi di stampa. Diventa indispensabile, questa tecnica, se si inizia a dubitare che gli interessi delle multinazionali coincidano davvero con quelli della Sardegna, se si inizia a dubitarne persino su giornali che, fino a non molto tempo fa, incoraggiavano ogni investimento, purché fosse. Ve la ricordate una delle prime inserzioni di questa serie? Aveva questo testo. “Bla, bla, bla, bla….”. Era Irridente. Sfotteva chi parla, discute e cerca il confronto. Evidentemente chi ha concepito la campagna vede in questa attitudine umana solo una perdita di tempo ed occasioni propizie. Peccato, se non siete in grado di sapere ciò che è meglio per voi stessi. La Saras è certamente una realtà importante, forse insostituibile in una regione in crisi come la Sardegna. Nessuno ne mette in discussione il ruolo o la permanenza.
Però il tentativo di blandire e silenziare contenuto in questi messaggi è inaccettabile. Se un’azienda, per importante che sia, propone attività che abbiano controindicazioni più forti dei possibili benefici collettivi, allora la comunità che la ospita ha il dovere di porsi una domanda: i nostri interessi coincidono davvero con quelli dell’imprenditore?
Qualche settimana fa, di notte, raccolsi su Facebook la preoccupazioni di alcuni miei contatti della zona di Sarroch: la sirena d’allarme di una delle raffinerie suonava incessantemente, senza che se ne conoscesse il motivo. Gli abitanti di quella zona avevano paura perché non sapevano cosa stesse accadendo, così si scambiavano informazioni e notizie nel tentativo di rassicurarsi a vicenda. Sono forse questi i “bla bla bla”?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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