Anche il museo Guggenheim di Bilbao ebbe un fronte di personalità e di opinione pubblica contrario alla sua realizzazione. Opera troppo costosa, si disse, con problemi di manutenzione, dalle linee architettoniche troppo non si sa bene che cosa. Fu lo stesso per la Torre Eiffel. E come per il monumento oggi simbolo di Parigi, anche il progetto del grande museo dalle forme ardite, progettato dal grande architetto Frank O. Gary, è diventato il simbolo della città basca. Non è casuale che dal 1997, anno dell’inaugurazione dell’ammiratissimo monumento, la regione dei Paesi Baschi, da sempre in una situazione molto conflittuale con il governo di Madrid, è oggi una delle più dinamiche d’Europa. Non è un caso, dato che è stato calcolato, come indotto del museo, solo per il primo biennio, una cifra come 635 milioni di dollari. Oltre a dare lavoro a centinaia di persone, senza calcolare l’indotto. Questa storia, vi ricorda qualcosa? Certo, non può che riaprire la ferita del Betile, un progetto non inferiore, per arditezza e bellezza, al museo di Bilbao, legato, peraltro, all’antichissima e importante storia nuragica dell’isola. Un valore aggiunto, insomma, al monumento. Le forme futuriste, pensate per il lungomare cagliaritano, dalla grande archistar Zaha Hadid, scomparsa pochi anni fa, oggi sarebbero realtà. Produrrebbero un indotto per tutta l’isola, esattamente così come il museo di Bilbao ha, verosimilmente, rilanciato l’economia dell’intera regione basca. Vogliamo ricordare come avvenne che il museo di Cagliari si bloccò? Ricordiamolo, perché altrimenti sembra che tutto quello che di sbagliato accadde in Sardegna sia colpa dello Stato italiano che, invece, per l’occasione, aveva stabilito di finanziare di circa un terzo la costosa opera in occasione dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Il museo fu bloccato perché Regione e Comune non trovarono un accordo. Sissignori. Non è uno scherzo. All’epoca il Sindaco Emilio Floris, votò contro insieme alla maggioranza del Consiglio Comunale del capoluogo, per motivazioni che ancora oggi si fa fatica a comprendere, ma non si va molto lontano dalla verità nel dire che esse erano legate alla presenza alla presidenza della Regione di Renato Soru. Era l’epoca in cui si combatteva un’aspra guerra, condotta con tutti i mezzi a disposizione, contro il Piano Paesaggistico che regolava l’interminabile ondata di cemento che si abbatteva da anni lungo le coste sarde. Una legge combattuta in tutti i modi, perché bloccava, secondo un ampio fronte politico ed economico, “lo sviluppo”. Invece, a parere del fronte opposto, bloccava solo il cemento e le speculazioni. Fu una guerra cieca che, secondo me, finì per coinvolgere anche la più concreta occasione di sviluppo che la Sardegna abbia avuto negli ultimi anni. Ricordo che ci fu chi sostenne che anche il Betile era cemento costiero, perciò se si bloccava quello, andava bloccato anche questo. E, credetemi, non sto scherzando. Si raggiunse livelli, in quell’occasione, di ottusità infinita. I finanziamenti comunitari e nazionali del Betile sono andati ormai perduti. E tuttavia il progetto ardimentoso, che ispira meraviglia solo a guardarlo e a immaginarlo nel rinnovato lungomare cagliaritano, è ancora di proprietà, credo, della Regione Sardegna. La speranza che si possano ritrovare quei milioni di euro per costruirlo non è del tutto svanita. Nel frattempo, un’altra grande e opportuna opera potrebbe rilanciare una economia dell’isola basata sulla sua storia e sulla sua cultura, e cioè l’ipotesi di un parco archeologico a Mont’e Prama. Che, peraltro, si finanzierebbe in parte da solo, con i biglietti dell’ingresso. In questo caso molta importanza avrebbe un accordo tra lo Stato, da sempre piuttosto parco con le esigenze dell’isola, e la Regione. Quando poi c’è di mezzo la storia antica dell’isola, sorgono altri problemi, di natura, come dire, nazionale. Una questione complessa che proverò a spiegare meglio nel libro che, ormai, ho quasi terminato. Ma nel caso del Betile, stavolta, l’antagonismo contro lo Stato non c’entra proprio nulla. Un certo pensiero dominante, ben agganciato con gli organi di informazione locale, ci ha fatto credere, per anni, che solo l’edilizia costiera fosse il volano per lo sviluppo. Peccato che tra le località più visitate del mondo ci siano il Colosseo e Pompei, Machu Pichu e la Grande Muraglia Cinese, l’Esercito di Terracotta di X’ian e le Piramidi Egizie. Oggi molti di coloro che all’epoca erano contrari a tutto quello che proveniva dalla fonte nemica, intenti ad alimentare l’idea dell’edilizia costiera come miglior sviluppo possibile, paiono fulminati sulla via di una nuova temperie indipendentista. Chissà, magari oggi, mettendo da parte quelle divisioni che altro non fanno che alimentare quell’idea di sardi individualisti e invidiosi, magari dico, si potrebbe ripartire guardando in alto anziché in basso, osservando il cielo anziché guardandoci i piedi.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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